mercoledì 2 dicembre 2009

Interrogativi sul berlusconismo

Pubblico qui un mio articolo uscito sull'ultimo numero di "Piovono Pietre".

Alcuni commentatori ritengono che il ciclo politico legato alla figura di Silvio Berlusconi stia volgendo al termine. Sia che si arrivi alla scadenza naturale della legislatura sia che si acceleri una crisi traumatica successiva alla sconfessione del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale. Non mi interessa qui fare previsioni. Quello che voglio porre all’attenzione è un tema generale: la sinistra ha formulato un’analisi adeguata del fenomeno che possiamo approssimativamente definire come “berlusconismo”?

Si è detto giustamente che non basta allontanare il padrone di Mediaset dal governo, ma che occorre scalzare il fenomeno politico, sociale e culturale che egli incarna. Questa prospettiva è rimasta però di fatto subalterna a quella che ha focalizzato la critica sulle caratteristiche specifiche del personaggio Berlusconi e sulle ragioni della sua ascesa (controllo delle televisioni, vasta disponibilità di risorse economiche, capacità di manipolazione dell’elettorato, ecc.) fino alla polemica innescata dalle vicende delle sue disinvolte frequentazioni femminili. E’ stato soprattutto Di Pietro e il suo partito a cavalcare politicamente il sentimento di rigetto nei confronti dei comportamenti del presidente del consiglio, sentimento che coinvolge una parte importante dell’opinione pubblica democratica e di sinistra. Insieme alla Repubblica (che pure è più vicina al PD) e Travaglio, sono loro a definire ideologicamente la lettura dello scontro tra berlusconismo e antiberlusconismo.

A sinistra si è cercato di delineare una diversa prospettiva secondo la quale l’obiettivo fondamentale dovrebbe essere di contrapporre a Berlusconi un’uscita, per quanto graduale, dalle politiche neoliberiste indebolite ma non rovesciate dalla crisi. Questa strategia si è scontrata con gli orientamenti prevalenti all’interno della maggioranza che ha sostenuto i due governi Prodi. L’esito negativo delle due esperienze di governo pone l’esigenza di riprendere e approfondire l’analisi complessiva delle vicende italiane degli ultimi venti anni. E’ utile anche per evitare che il dibattito a sinistra si richiuda su stesso, ponendo questioni di identità, di assetto politico ed organizzativo, certamente importanti ma che rischiano di farci arenare in una discussione fondamentalmente auto contemplativa.

L’esperienza del movimento operaio e comunista italiano dimostra che solo quando si è saputo cogliere le grandi contraddizioni politiche e sociali e delineare una strategia a partire da queste, si è riusciti ad emergere da una condizione minoritaria. E’ stato cosi per la capacità gramsciana di analizzare alcune caratteristiche peculiari della società italiana (questione meridionale e questione “vaticana”, ovvero cattolica, innanzitutto) a partire da una comprensione dei caratteri fondativi dello stato italiano. Successivamente il gruppo dirigente comunista si è sforzato di comprendere le ragioni e le caratteristiche innovative che il fascismo aveva introdotto nella società italiana. Mentre alcune letture sbagliate dello sviluppo del capitalismo italiano negli anni ‘60 hanno limitato la capacità di intervenire sulle nuove contraddizioni. Ad esempio le tesi che, a partire dal dibattito Ingrao- Amendola all’interno del PCI, leggevano la società italiana prevalentemente in termini di arretratezza.

A me pare che da questo punto di vista il nostro dibattito sia stato largamente insufficiente. Mentre non mancano ricorrenti dibattiti pro o contro Togliatti o sul ruolo del PCI, o richiami reverenziali a Gramsci, mi pare che assai poco si sia cercato, anche da parte dei difensori d’ufficio, di verificarne alcune lezioni di metodo nell’analisi delle vicende politiche e sociali degli ultimi venti anni. Diversi elementi utili in tal senso possono venire differentemente da testi come “Americanismo e fordismo”, dalle “Lezioni sul fascismo” o dal vasto e complesso sforzo di analisi del potere democristiano realizzato a sinistra nel corso della prolungata egemonia dello scudocrociato.

Il berlusconismo andrebbe indagato intrecciando tre diversi livelli: quello economico-sociale, quello politico e quello ideologico-culturale. Berlusconi va collocato all’interno dell’egemonia neoliberista che ha caratterizzato il mondo occidentale a partire dall’inizio degli anni ’80, cogliendone però le peculiarità. E’ stato poco rilevato che Berlusconi, in quanto imprenditore, non incarna il capitalismo industriale direttamente produttivo e solo marginalmente quello finanziario, ma principalmente una forma di capitalismo postfordista.

Mediaset assorbe una quota di plusvalore in cambio del suo ruolo di interfaccia tra la produzione e il consumo di merci. Crea immaginario al servizio del processo di valorizzazione del capitale. Berlusconi è l’espressione di un capitalismo italiano che si deindustrializza, abbandona il terreno della ricerca e dell’innovazione tecnologica (crollo degli investimenti) e si arrende ad un ruolo subordinato nell’ambito dei processi di globalizzazione? Sembrerebbe di sì e in questo senso il blocco storico rappresentato da Forza Italia e Lega costituisce la base di massa di un capitalismo che arretra nella competizione internazionale.

Il secondo asse di indagine dovrebbe riguardare la capacità dell’azione politica berlusconiana di utilizzare la trasformazione del sistema politico, dal pluralismo garantito dalla proporzionale all’oligopolismo sancito dai modelli elettorali maggioritari, così come la tendenza a spostare sempre più il terreno della politica dalla rappresentanza al governo. In questo senso Berlusconi ha sfruttato scelte politico-istituzionali largamente volute dalle forze della sinistra moderata.

Infine vi è tutto il terreno dell’azione ideologica del berlusconismo (individualismo, mercificazione di tutte le relazioni sociali, anticomunismo). Se questo aspetto ha trovato una certa attenzione in particolare nel sottolineare il ruolo giocate dal mezzo televisivo (si veda il film documentario “Videocracy”). Poco si è cercato di capire come questo cocktail ideologico venga filtrato e accolto da settori popolari ampi ed eterogenei, a quali bisogni esso corrisponda e se questi possano trovare soluzione all’interno di un paradigma alternativo, fondato sullo sviluppo delle relazioni sociali e sulla demercificazione dei rapporti intersoggettivi.

Si sono già accumulati elementi di analisi e di comprensione importanti, ma mi pare siamo lontani da una sintesi adeguata e da una capacità di diffusione di queste analisi in modo tale da orientare il conflitto politico e sociale e di costruire elementi di contro-egemonia. E’ questo un compito necessario se vogliamo evitare che il declino personale di Berlusconi si accompagni ad una sostanziale perpetuazione della sua egemonia sul paese, anche oltre la sua permanenza al potere.

Franco Ferrari

domenica 29 marzo 2009

Islanda: la crisi fa crescere il consenso alla sinistra radicale

In Islanda la crisi economica che ha portato il Paese sull'orlo della bancarotta ha anche determinato un spostamento a sinistra del quadro politico. Il partito che raccoglie la sinistra radicale, il Movimento Sinistra Verde, è in forte crescita nei sondaggi. Le elezioni anticipate si terranno a fine aprile, intanto si è formato un governo provvisorio formato dalla socialdemocrazia e dalla sinistra radicale. Dal forum di Red Pepper, riprendo questa breve nota politica di fine febbraio.

Economic Crisis In Iceland and The Left Green Movement

The interim govt in Iceland is an allaince of the social democrats, progressive party and the left green movement. TLGM have at present 9 MP's out of 63, but opinion polls consistently put them in the lead in the run up to a general election in May this year. The are polling around 30%, so are unlikely to form a govt on their own, but could well be the largest party in any coalition govt post the election.

With Iceland's economy in ruins, following the ultra neo liberal policies of the previous govt (of which the social democrats were part) and the subsequent crash, this is very encouraging. If TLGM were to win the general election, it could send ripples right across Europe, and be a boast for green left politics. It could point the way out of neo liberalism and towards green socialism.

Some info on the The Left Green Movement

The party was founded on February 6th 1999 after a few months work, aiming to unite socialist and conservationist groups for the elections held on May 8th.

The prelude was a structural reorganisation on the left wing of Icelandic politics. On the one hand there were those who prepared the unification of three existing parties, The Social democrats (Alþýðuflokkur), The People's Alliance (Alþýðubandalagið) and The Women's Party (Samtök um kvennalista) in one social-democratic party. On the other side there were those who fought for the unification of social-, environmental and feminist politics into one party. These were to be found in the above mentioned parties, especially in the Peoples Alliance and the Women's Party and in an open leftwing forum newly founded, Stefna - a forum for left politics.

This movement joined forces with four MP's from The People's Alliance and The Women's Party who had the same views and had for some months formed an independent group within the parliament. In due time a new political party The Left-Green Movement was founded as a choice to the left of The Alliance (Samfylkingin).

The cornerstones of it´s policy are the following:

Conservation of the environment
All natural resources shall be public property and utilized without reducing them and in a careful manner. So-called green economics must be used to estimate the value of untouched nature and green taxes shall be applied to encourage protection of the environment. From our point of view, it is of great importance that Icelanders can produce all the energy they need in the future. We reject further building of power plants for the use of polluting large scale industry and demand conservation of the highland. We emphasize powerful, international co-operation and conventions concerning environmental matters.

Equality and social justice
All individuals shall have equal rights and no discrimination can be tolerated. We demand full equality concerning education, all social service, public information and freedom of speech. It is the duty of the Icelandic state to guarantee the welfare of every citizen, especially the elderly and the disabled.
The Left-Green Movement supports the strenghtening of the rural areas of Iceland by means of good social service, education, prosperous culture and various economy. Privatization in public areas is of great danger in these matters, since it usually leads to a more expensive service in rural areas.
It is a project of high priority to guarantee that wages paid for 40 hours' work a week will be sufficient for a normal cost of living.

Fair and prosperous economy
The Left-Green Movement is willing to strengthen the position of wage earners to influence the development of our society. The party is willing to support the development of Icelandic economy to a state of more diversity and encourage the use of environment-friendly technology. It is necessary to prevent monopoly and centralization of capital, enable the conventional industries of Iceland to develop themselves and make use of Iceland's special status to create jobs of all kinds for all the inhabitants.

Independent foreign policy
The Left-Green Movement fights for an independent, Icelandic foreign policy that maintains the sovereignty of Iceland and supports all means of establishing global peace. The party opposes participation in military organizations such as NATO and WEU. It also rejects participation in the European Union and emphasizes simple, bilateral treaties concerning trade and co-operation.
The Left-Green Movement is willing to strenghten the co-operation of all nations based on mutual respect for different opinons and different culture. The party supports and wants to strenghten the participation in democratical organizations such as the United Nations, the European Council and the Nordic Council. Iceland shall support the goals of the UN and the Declaration of Human Rights by making a contribution to the abolition of poverty and hunger, social injustice, unequal division of wealth, racial discrimination, violation of human rights and militarism.

mercoledì 11 marzo 2009

Belgio. il Partito Comunista presente alle elezioni con il programma della Sinistra Europea

Dal sito del Partito Comunista (PC) belga, che organizza i militanti della parte francese del Paese (Bruxelles e Vallonia), riprendo un comunicato dell'Ufficio Politico che annuncia la decisione di presentarsi con proprio liste alle prossime elezoni regionali ed europee. Il partito mantiene l'obbiettivo di unire tutta la sinistra alternativa e anticapitalista belga ma dichiara di essersi scontrato con settarismi e dogmatismi. Il PC rivendica il programma elettorale della Sinistra Europea di cui è membro.

Communiqué du 27 février 2009 : Elections 2009, 100 jours pour dire ensemble "passons à autre chose"
Ecrit par Bureau politique

27-02-2009

Lors de son dernier congrès en octobre de l’année dernière, le Parti communiste Wallonie-Bruxelles a de nouveau nettement exprimé sa volonté de « participer à la construction d’une nouvelle force politique à la fois plurielle et unitaire, claire dans ses buts et ses moyens », une force anticapitaliste, résolument adversaire du libéralisme économique et de la logique de marché.

Particulièrement attentif et intéressé par les expériences menées en Allemagne et en France:
- celle du parti Die Linke regroupant des communistes, des socialistes opposés à la politique sociale-libérale du SPD, des alter-mondialistes des écologistes, des syndicalistes,
- celle du Front de Gauche pour les élections européennes initiée par le Parti communiste français auquel a répondu favorablement le nouveau Parti de Gauche créé par Jean-Luc Mélenchon,
le Parti communiste veut également s’engager dans le rassemblement de la gauche de gauche en Wallonie et à Bruxelles.

Nos tentatives unitaires des derniers mois se sont heurtées à certains sectarismes et dogmatismes dont nous restons persuadés qu’ils sont stériles et même contre-productifs pour la gauche de gauche. Nous continuerons cependant de nous adresser en vue des élections à venir mais surtout au-delà de ces échéances «à toutes celles et tous ceux qui prennent la mesure des impasses actuelles et partagent le besoin de s’engager dans la construction d’un projet de transformation sociale de gauche à contre-courant de l’ultralibéralisme. Les communistes font cette démarche « sans sectarisme, sans a priori, ni exclusives avec toutes celles et tous ceux qui ressentent le besoin de construire la force qui manque à la gauche ».

Pour les élections européennes et régionales, le Parti communiste déposera des listes Parti communiste - Gauche européenne (PC-GE) en Wallonie et à Bruxelles. Adoubées par le Parti de la Gauche européenne, parti fort de 400.000 membres regroupant en son sein des partis socialistes, communistes, rouges-verts et d’autres partis de la gauche démocratique, ces listes compteront des personnalités indépendantes en nombre et en qualité. De plus, un accord a été conclu avec le Parti Humaniste qui partage notamment notre combat pacifiste et anti OTAN. Des candidats de ce parti figureront sur les listes. D’autres partis de gauche ont été interpellés ou nous ont interpellés récemment.

Ces élections doivent être l’occasion de proposer ensemble des projets européens, wallons et bruxellois qui nous libèrent de la logique capitaliste qui sacrifie les intérêts de la grande majorité de la population et l’avenir de la planète pour permettre à une petite minorité d’accumuler le maximum de profits. Les responsables politiques et économiques de la crise capitaliste ne peuvent être ceux qui donnent les solutions. Le capitalisme a montré qu’il est une impasse. Cela suffit. Passons à autre chose !

Le Parti communiste continuera dans les semaines qui viennent à construire ses programmes régionaux au travers de ses Ateliers de Gauche ouverts à tous ceux qui souhaitent apporter leurs propositions et échanger leurs expériences.

Le Parti communiste appelle toutes et tous à travailler ensemble à créer une dynamique politique de gauche capable de renverser le cours critique des choses. Nous demeurons ouverts à toute proposition de soutien et de candidature sur les listes.

Nous avons 100 jours pour montrer qu’une autre gauche pour une autre Europe et d’autres politiques régionales, c’est possible et même totalement nécessaire ! Le 7 juin, votons PC-GE !

mercoledì 4 marzo 2009

Lussemburgo: Dei Lénk festeggia i dieci anni

Il partito della sinistra lussemburghese, Dei Lenk, La Sinistra, ha festeggiato il febbraio scorso, i dieci anni dalla sua fondazione e si prepara alle prossime elezioni europee. Al meeting hanno partecipato rappresentati della sinistra tedesca, belga e francese.

10 ans déi Lénk - une fête d'anniversaire un peu différente

02/13/2009

Hw.- Le Grand-Duc ne se trouvait pas parmi les invités ni aucun autre dignitaire du régime. Pas d’officiels, pas de cérémoniel, pas d’encens. Le dixième anniversaire était une fête entre amis.

“Dix ans deja? Non, dix ans seulement, car ce n’est qu’un début.” André Hoffmann n’avait pas envie d’énumérer les mérites de l’organisation qu’il a contribuée à fonder. “Je n’ai pas besoin de montrer combien souvent nous avions raison. En matière d’analyse nous n’avons pourtant pas à rougir devant les experts de la haute finance et de la politique.”

D’abord deux messages écrits: celui d’Antoni Montserrat, président du CLAE, au nom de tous les étrangers vivant au Luxembourg et celui de Lothar Bisky, président du Parti de la Gauche Européenne, au nom des 600.000 militants de 30 partis. Ensuite 4 messages d’amis et voisins.

Roger Tirlicien, pour les communistes de Lorraine (“Par ma présence au 10e anniversaire de la création de Déi Lénk je suis venu dire dans un contexte de crise mondiale l’engagement du PCF pour une autre Europe. Nous avons la responsabilité d’entendre la colère des peuples d’Europe qui en ont assez de souffrir des politiques libérales au service du capitalisme mondialisé.”), Pierre Eyben, Liège, pour les communsites belges (“Il n’est pas aisé d’unir la gauche de la gauche. Nous pensons que les communistes doivent aujourd’hui participer à un front de gauche”). Heinz Bierbaum, die Linke Sarre, apportant les saluts de Rolf Linsler et d’Oskar Lafontaine (“La crise n’est pas un incident de parcours, cette crise est la crise du capitalisme et elle signe l’échec des politiques néo-libérales.”) Katrin Werner, Trèves, vice-présidente de la Linke de Rheinland-Pfalz (“Déi Lénk peut être fière de faire de la politique de gauche au centre de la place financière. Nous connaissons son courage et son professionnalisme.”)

Deux orateurs: Marc Baum, lycéen au moment de la fondation de déi Lénk, représentant de la jeune génération, pour faire le bilan rétrospectif, (“déi Lénk a été fondé comme un rassemblement de courants divers dans le but d’opposer un front uni à la pensée unique capitaliste et de donner une structure aux mouvements qui considèrent le dépassement du capitalisme non comme le but en soi, mais comme le moyen en vue d’une société plus libre”). Jean-Luc Mélenchon, sénateur, ancien ministre socialiste, président du Parti de gauche fondé il y a deux semaines, pour montrer les alternatives face aux bouleversements sociaux qui s’annoncent (“Pour la première fois je me trouve hors de France en tant que président du Parti de Gauche. Considérez ma présence ici comme la forme d’un nouvel internationalisme”).

domenica 1 marzo 2009

IU confema Meyer capolista e cerca accordi per le europee

Il sito di Izquierda unida riferisce della decisione della coalizione di confermare Willy Meyer, parlamentare europeo uscente, come capolista per le prossime elezioni di giugno. Informa inoltra dei contatti avviati con altre forze di sinistra per verificare la possibilità di presentarsi unitariamente alle elezioni europee.

La Presidencia Federal de IU proclama a Willy Meyer como cabeza de lista a las elecciones europeas

El órgano de dirección de Izquierda Unida analiza los avances en las conversaciones con otras fuerzas políticas para acordar una sólida candidatura de izquierdas a los comicios de junio

Madrid 21 de febrero 2009

La Presidencia Federal de Izquierda Unida ha proclamado hoy oficialmente como candidato de esta organización a las próximas Elecciones Europeas de junio al actual eurodiputado y coordinador de Relaciones Internacionales, Willy Meyer. La decisión fue adoptada tras tomar conocimiento de la propuesta de cabeza de lista realizada el pasado 7 de febrero por el Consejo Político Federal y una vez constatada la no presentación de ningún candidato alternativo a Meyer.

La Presidencia valoró mayoritariamente el trabajo como eurodiputado realizado por Meyer los últimos cinco años. Al tiempo, la valoración compartida por este órgano de dirección es que la gravedad de la crisis económica obliga a IU a no distraer ni un momento la responsabilidad y el acuerdo plural con los que se están tomando las decisiones en los últimos meses para, así, dedicar todos los esfuerzos a buscar alternativas económicas, hacer propuestas de acción y exponerlas a la sociedad.

Este punto se trató al comienzo de la reunión de la Presidencia, que se está centrando en un análisis amplio y compartido internamente sobre la crisis económica. Previamente también se analizó el desarrollo del proceso de diálogo abierto por IU durante las últimas semanas para buscar posibles acuerdos electorales con otras fuerzas políticas.

Miguel Reneses, secretario de Organización y responsable de la Comisión Negociadora creada a tal efecto, detalló los encuentros celebrados con ICV, Izquierda Republicana, la Confederación de Los Verdes y ERC. En todos los casos destacó “la cordialidad, las buenas relaciones existentes con todas las fuerzas políticas y las notables coincidencias en el análisis de la actual crisis económica y las propuestas sobre políticas europeas”.

En las próximas semanas habrá nuevos encuentros con algunas de estas formaciones para avanzar en un acuerdo definitivo. Al tiempo, a nivel interno, Izquierda Unida creará una comisión plural con representación de todas sus sensibilidades para decidir el orden del resto de la lista en lo que respecta a los dirigentes de IU que formarán parte de ella.

La propuesta de lista definitiva a las Elecciones Europeas deberá ser ratificada finalmente en un próximo Consejo Político Federal, máximo órgano de dirección de IU, que analizará también los acuerdos a los que se llegue en las próximas semanas con otras formaciones políticas.

venerdì 27 febbraio 2009

Un incontro della Sinistra Europea a Lisbona

Il sito della Sinistra Europea riporta una breve nota sull'incontro organizzato a Lisbona ai primi di febbraio in occasione del Congresso del "Bloco de Esquerda" portoghese, partito membro dell'SE.

Juntar forças

Under the slogan "Uniting Forces" the Left Bloc of Portugal invited the member and observer parties of the European Left as well as other left parties to the conference titled “New crisis of an old system: Left proposals for Europe”, which was held on the eve of Bloco de Esquerda's party congress in Lisbon on 6 February 2009.

With the aim to exchange national experiences and discuss proposals to overcome the economic crisis, the representatives of the political forces went further in pointing out alternatives to the neo-liberal system and the need to implement policies of change on an international level.

The analysis of the current crisis and its effects in the different European countries revealed that we are not in front of a financial or economic crisis; eventually this is a structural crisis that entails food, energy, and ecological crises, and which affects the basis of market economy, i.e. the accumulation of capital.

The dimension of this crisis is becoming more and more dramatic: the closure of factories, dismissal of thousands of workers and the creation of social insecurity are the main consequences to be seen all over Europe and worldwide. Face to this situation, which affects workers, migrants, women, and young people in particular, it is essential for the Left to explain the failures of capitalism and to come up with new perspectives in order to arrest the social decline, and the “war amongst the poor”.

The workers must not pay for this crisis, as stated by Francisco Louçã of Bloco de Esquerda in his opening speech. At the same time, it is important to act from the bottom to the top and re-unify the workers, who have been divided by social dumping, delocalisation and xenophobic propaganda of right-wings extremists.

EL chairman Lothar Bisky remarked that the measures taken until now are insufficient, and a concerted European answer to the crisis is still lacking. The European Left demands concrete measures in favour of employment and social protection, such as increasing wages, social benefits and pensions for the workers in Europe. A re-regulation of the markets, taxes on financial transaction, the democratic control of the European Central Bank, and the replacement of the stability pact by a new pact in favour of growth, full employment and ecological protection are essential steps.

A resolution concerning the crisis was adopted by the European Left at the electoral conference in November 2008, and can be found HERE.

sabato 21 febbraio 2009

Convenzione dei comunisti nepalesi: controversia sull'assenza del ritratto di Lenin

Si sta concludendo la Convenzione nazionale del Partito Comunista del Nepal (Unificato Marxista-Leninista), attualmente al governo assieme ai maoisti che detengono il posto di primo ministro nello stato asiatico. Come riporta questo articolo tratto dal sito nepalese Republica, una controversia piuttosto animata ha riguardato l'assenza del ritratto di Lenin (a fianco a quello di Marx) nella sala che ospita la Comvenzione.

Controversy over no Lenin portrait

BUTWAL, Feb 20: Communists sometimes find trivial reasons for stirring up a controversy.

Delegates to CPN-UML convention, who have smelled a rat for not putting the portrait of late Russian communist revolutionary Vladimir Ilyich Lenin on the wall of the closed-door session hall, made loud noise at the start of closed door meeting Friday morning, further delaying the already delayed session. However, there is a photo of late Karl Marx, a German revolutionary and political theorist.

Leader of the Lumbini-A group, Kamal Shrestha, sought justification from the leadership as to why this was the case and refused to give his presentation for a while. Then, most of the 1800-plus delegates shouted in support of Shrestha. On Thursday too, some of those who gave their presentations had also raised the issue, but it was not raised as intensely as on Friday.

After one of the leaders of the Communist Party of Nepal (Unified Marxist-Leninist), Amrit Bohora, said he would clarify on the matter later, Shrestha went ahead with his presentation. In his bid to calm the things down, Bohora told the delegates that it was not a policy decision and it could be a fault of the management.

One of the delegates said there was only Marx’s photo in a party poster prepared for UML’s sixth national convention held in 1998, because “Marx is the root of most communist theories”. “Lenin had just propounded the Russian-style Marxism,” he said. Generally, UML used to put portraits of five revolutionaries in its official functions – Marx, Lenin, German Friedrich Engels, Russian Joseph Stalin and Chinese Mao Zedong.

Elezioni israeliane: il commento del Partito Comunista

Sulle recenti elezioni politiche israeliane riporto il comunicato del Partito Comunista Israeliano che fa parte della coalizione Hadash che è cresciuta da 3 a 4 seggi. Il testo è stato tradotto in italiano dal sito Un Mondo Nuovo, curato dal Dipartimento esteri del PRC.

Elezioni Israeliane: Il Partito Comunista avanza conquistando 4 seggi e sorpassando il partito social-democratico sionista Meretz.


Le elezioni generali del 10 febbraio in Israele non hanno prodotto un mutamento sostanziale nella distribuzione dei seggi in parlamento. A Kadima, il partito di centro-destra, sono andati 28 seggi, al Likud di destra 27, al razzista Israel Beiteinu, terzo maggiore partito, 15 seggi; Labor ne ha ottenuti solo 13, Shas 11 e Meretz solo 3. Hadash (il Democratic Peace and Equality Front - Partito Comunista Israeliano), ha aumentato la sua influenza ottenendo 4 seggi. Il leader di Hadash Barakeh è soddisfatto di quello che ha definito un “notevole progresso”.

L’offensiva militare israeliana contro Gaza e le grandi manifestazioni di protesta organizzate dagli arabo-palestinesi di Israele e dalle forze militanti progressiste e per la pace guidate da Hadash, hanno fatto si che la campagna elettorale si concentrasse su due temi principali: la pace e le politiche di sicurezza, ed i rapporti tra Stato e minoranza arabo-palestinese.

Questo ha diviso la popolazione israeliana portando ad uno spostamento rispetto all’agenda del centro-sinistra sionista. Secondo la legge israeliana, la creazione di un governo di coalizione è concessa al leader della fazione che ha più possibilità di formare una coalizione di maggioranza - in altre parole, non necessariamente al leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di voti.

Barakeh ha dichiarato che Hadash non parteciperà a nessun governo. "Quando parleremo con il presidente, gli presenteremo la nostra visione per il futuro Stato. Penso che sia abbastanza intelligente da rendersi conto che questa visione non può trovare spazio in nessuno dei governi possibili". Barakeh ha anche detto: "Noi abbiamo solo quattro seggi, ma ci assumiamo l'onere di essere l'avanguardia contro la Liebermanizzazione". "La gente che era preoccupata del presidente razzista di Yisrael Beiteinu, "Yvette" Lieberman, si è resa conto che non avrebbe dovuto puntare al partito social-democratico sionista Meretz, ma sulla più radicale e militante Hadash", ha aggiunto.

Il deputato Dov Henin si è detto ottimista per il sostegno ottenuto dal suo partito da parte di elettori delle giovani generazioni, ed ha aggiunto: "Da una parte, c’è un nuovo consenso israeliano che chiaramente respinge ulteriori passi nel processo di pace. In alcune circostanze questa forza di centro sarà disposta a continuare i negoziati con l'attuale Autorità Palestinese, ma certamente non faranno concessioni significative. D'altra parte la minoranza arabo-palestinese di Israele ha respinto le scelte violente che caratterizzano la politica di occupazione del governo”. Inoltre, Hadash e il partito comunista sono riusciti a mobilitare una parte non trascurabile di giovani ebrei-israeliani per la loro agenda politica e sociale, sradicando i liberali buonisti dalla mappa politica. Il Meretz ha ottenuto un certo sostegno politico tra i kibbutz ed i ceti medi di Tel Aviv, ma per la maggior parte dei cittadini arabo-palestinesi e per gli attivisti di sinistra, sia ebrei che arabi, il messaggio proposto non è stato sufficiente.

La prevista instabilità della futura coalizione di governo, l'attuale occupazione dei territori palestinesi e l'attuale crisi del capitalismo fanno si che l’ipotesi di nuove elezioni entro i prossimi due anni non sia così remota. "E 'indispensabile che di fronte a queste elezioni, i cittadini arabo-palestinesi ed i militanti di sinistra si uniscano per presentare un'alternativa alle crescenti forze fasciste nella società israeliana" ha detto il deputato Khenin. "Una nuova generazione di giovani è entrata nella politica israeliana", ha continuato, "Sono aperti e critici, e in Hadash e nel partito comunista hanno trovato una vera e propria alternativa alla vecchia politica sionista".

giovedì 19 febbraio 2009

Francia: fondato il Nuovo Partito Anticapitalista

Sul Congresso di fondazione del Nuovo Partito Anticapitalista francese riporto questa corrispondenza pubblicata dal Green Left Weekly australiano.

France: New Anti-capitalist Party founded

Sam Wainwright, Paris
14 February 2009

On the weekend of February 7-8, over 600 delegates and as many observers attended the founding conference of France’s New Anti-capitalist Party (NPA), held at la Plaine-Saint-Denis in the working class suburbs to the north of Paris.

Less than a week before, on January 29, around 2.5 million people took to the streets across the country in a nationwide strike against the efforts of the President Nicolas Sarkozy's government to foist the burden of the capitalist economic crisis onto working people.

The idea for the NPA was publicly proposed in August 2007 in the wake of the country’s presidential and legislative elections by Olivier Besancenot, the presidential candidate of the Revolutionary Communist League (LCR).

Since then 465 regional committees in support of the project were launched and over 9000 people have joined.

Besancenot’s vote of 4.7% surpassed that of the once mighty French Communist Party’s (PCF) candidate. The elections established the LCR as the most recognised and authentic anti-capitalist voice in French politics.

Widely rated as France’s most popular politician, Besancenot, or “the Postie” as the media calls him in reference to his job, recorded a 54% satisfaction rating in the latest opinion polls, his highest since the election.

Besancenot’s strong showing in the last two presidential elections was the immediate catalyst for the formation of the NPA; however its origins lie in important transformations in French politics over the last decade.

Following a massive public sector strike in late 1995, regular waves of workers’ struggles have surfaced against cut-backs, casualisation and privatisation.

While these struggles have been defensive and only partially successful, they have been sufficient to keep alive the traditions of struggle and left-wing ideas.

Despite the massive rejection of the neoliberal agenda by the working class, the traditional or “institutional” parties of the left — especially the Socialist Party (PS) — have faithfully tried to implement the neoliberal austerity program.

Furthermore the PS has effectively drawn both the PCF and the Greens into its web, offering them cabinet posts and electoral deals in return for their support.

Their integration into PS governments has eroded the PCF’s once significant base among blue collar workers. In the case of the Greens, their image as a fresh and radical party has been badly tarnished.

In fact, without the PS electoral deals, both parties would struggle to win any national deputies.

In this context, the LCR tripled in size from 1995, growing to over 3000 members.

It also started to develop a significant base in some of the country’s industrial heartlands that had once been the sole domain of the PCF.

However, the LCR recognised that there existed a much wider audience for a resolutely anti-capitalist, anti-imperialist, pro-worker and pro-environment political force.

This audience includes people from different political traditions, and even more people without any previous political identification. The NPA is an attempt to reach out to those people.

To guarantee the success of the NPA,the LCR decided it had to completely dissolve into it.

This decision was designed to demonstrate to the rest of the NPA that it would be one united party of equals, and to allow for new and fluid debate to take place in the new organisation.

As Pierre Rousset, a long time leader of the LCR, explained, “One of the worst things the LCR could bring into the NPA would be its old debates”.

On February 5 the LCR, born of a fusion between a current of French Trotskyism and some of the leaders of the student protest movement of May-June 1968, held its last ever congress.

Alain Krivine, a central leader of the youth revolts of May-June 68 and founder of the LCR who did time in prison when the organisation was banned in the early 70s, was joined by other members of his generation at the front for an emotional rendition of the Internationale at the congress close.

But the tears did not last long. The next day, as the NPA congress began, delegates spontaneously rose to their feet to chant “All together, all together ... General strike!” before getting down to the practical business of adopting the raft of founding principles, policy and structures needed for the new party.

Exciting much interest, especially among the corporate media, was the NPA’s policy regarding possible electoral alliances in the upcoming elections to the European parliament.

Neither the NPA, the PCF nor the newly formed Left Party (PG) are likely to achieve the 10% threshold required. Both the PCF and PG were frantic that the NPA agree to deal.

Congress delegates were presented with two counterposed positions regarding the European elections. The position presented by the commission established for drafting policy declared that the NPA should be open to running on a joint ticket with these parties (and others).

But they argued an agreement must first be reached on some basic common policy — including a commitment to not take posts in pro-capitalist administrations.

However, the PCF appears addicted to the trappings of office and it’s unlikely that it will agree to refuse posts offered to it by the PS.

An amendment from members in the Clermont-Ferrand region proposed that the NPA accept in principle a joint ticket with the PCF and PG, with the precise basis of the agreement to be worked out later.

This amendment was overwhelmingly rejected, only winning the support of 16% of the delegates.

For commentators in the capitalist media this was proof of the NPA’s “immature” refusal to accept the “responsibility to govern”.

Is this a sign that the media may turn against France’s favourite postman and try to transform him from charming idealist into dangerous villain?

Already there has been an abortive attempt to tar him with a bogus allegation of workplace harassment. Last year, listening devices were discovered in Besancenot’s home. The boss of a company that imports taser guns is currently being tried over the affair.

To counter this the NPA is moving rapidly to broaden its image and promote its other spokespeople.

The NPA’s revolutionary politics is likely to gain greater currency among French workers as the economic crisis deepens, hardening opinion against the conservative Sarkozy government.

[Sam Wainwright is a co-convenor of the Socialist Alliance in Western Australia and attended the LCR and NPA congresses as an invited observer.]

From: International News, Green Left Weekly issue #783 18 February 2009.

martedì 17 febbraio 2009

Una intervista ad Alexis Tsipras, presidente del Synaspismos

La rivista della Quarta Internazionale, Inprecor, ha pubblicato la traduzione francese di una intervista rilasciata da Tsipras presidente del Synaspismos greco al giornale Elefterotipia ai primi di gennaio.

Alexis Tsipras, né en juillet 1974 à Athènes, a été élu président de Synaspismos lors du cinquième congrès du parti en février 2008, devenant le plus jeune dirigeant d’un parti politique représenté au Parlement. C’est lors des élections municipales de 2006 que ce jeune ingénieur est apparu sur le devant de la scène politique, lorsque la liste « Cité ouverte » de la Coalition de la gauche radicale (Syriza) a remporté 10,51 % des suffrages à Athènes. Lors des élections législatives de 2007, A. Tsipras a refusé d’être candidat, jugeant qu’il ne pouvait cumuler les mandats de député et de membre du conseil municipal. Nous reproduisons ici son interview publiée dans le plus grand quotidien grec, Eleftherotypia, le 3 janvier 2009.

Eleftherotypia : On a accusé la nouvelle génération d’être indifférente, individualiste, de manquer de rêves, et voilà qu’elle descend dans les rues. Est-ce que vous croyez que cette révolte aura une suite ?

Alexis Tsipras : En 1972 aussi on accusait la jeunesse, en lui attribuant les mêmes caractéristiques. Mais, quelques mois plus tard, elle ouvrait avec son insurrection la route des luttes sociales. Je pense que la même chose se produira maintenant. Je crois qu’une nouvelle époque vient de commencer. La nouvelle génération se met non seulement devant, mais semble aussi porter sur ses épaules toute la société. Elle demande de l’espoir, du travail, de la dignité. Elle demande de vivre et non de survivre. Le mouvement de la jeunesse peut vaincre. Certains, à droite et à gauche, tentent de l’isoler politiquement et socialement. Ils ne réussiront pas.

Eleftherotypia : Cette image d’une génération en lutte n’est-elle pas gâchée par des manifestations de violence contre des commissariats et des unités de police ? Selon vous, à quoi sont-elles dues ?

Alexis Tsipras : Les protestations contre les commissariats de police, et partout où il y avait des policiers, étaient une explosion spontanée. Nous devons chercher leur cause dans le terrible événement d’Exarchia (1). L’assassinat du jeune a fait déborder le vase. N’oublions pas combien d’autoritarisme et combien d’arbitraire subit cette génération dans chaque aspect de sa vie. C’est pour cette raison que je ne simplifierai pas la protestation sociale et l’insoumission sociale en les appelant « violence », même quand elles s’expriment de la manière la plus agressive. Et je refuserai de les assimiler à des destructions aveugles. Au contraire, il y a de la violence quand la police arrose des enfants avec des gaz chimiques parce qu’ils ont lancé des oranges amères, des bouteilles en plastique ou des ornements pris de l’arbre de Noël de la place.

Eleftherotypia : En publiant les axes de lutte de Syriza, vous parlez de nouveau de la proportionnelle intégrale mais je n’ai rien vu de votre part sur comment ce pays sera gouverné. N’est-il pas temps que vous affrontiez cette question ?

Alexis Tsipras : Nous commettrions une erreur si nous croyions que ce qui manque au gouvernement est une majorité forte, un gouvernement fort qui appliquera la même politique. La cause de l’ingouvernabilité actuelle n’est pas la faible majorité mais l’impuissance du gouvernement face à la crise sociale. On aura le même problème si le gouvernement actuel est remplacé par un gouvernement du PASOK, ou même par la célèbre « grande coalition », s’ils la tentent. Parce qu’il est impossible de faire face à la crise en poursuivant la même politique qui nous a conduit jusqu’à ici et qui a fait faillite. C’est pourquoi la gauche ne veut pas servir aujourd’hui d’alibi de gauche d’une perspective gestionnaire gouvernementale, mais veut être une force d’assaut vers l’avenir. En somme, une force qui puisse garantir des grands changements et des réformes dans la perspective du dépassement des modèles de développement économique qui ont failli et donc, pour cette raison, comme l’unique force pouvant conduire à un débouché positif de la crise.

Eleftherotypia : Dans quelques jours, vous allez présenter aussi votre projet politique alternatif. Pouvez-vous nous décrire sa structure ?

Alexis Tsipras : Il y a trois niveaux fondamentaux. Avec le premier niveau nous répondons à la question « Qu’allons nous faire avec la crise ?». Comment nous allons blinder la société, comment nous protégerons les travailleurs, les plus faibles, la nouvelle génération. Nous décrivons ces objectifs dans les « 15 points » que Syriza vient de publier, dans les propositions faites par notre groupe parlementaire sur le système financier, dans nos propositions concernant la jeunesse et la génération à 700 euros. Avec le deuxième niveau nous présentons notre stratégie de sortie de la crise : le passage obligé d’un capitalisme néolibéral insatiable à une économie des besoins et des biens collectifs. Une économie, qui défendra le plein emploi, l’environnement, les droits sociaux et aura comme priorité absolue la solidarité sociale et l’extirpation de la pauvreté. A un troisième niveau, nous prospectons la perspective de la transformation sociale. Car le monde ne peut pas changer sans qu’il ait une vision. Et notre vision c’est le socialisme fondé sur la liberté et la démocratie.

Eleftherotypia : Ce modèle de développement différent dont vous parlez, comment vous le concevez ?

Alexis Tsipras : Nous le concevons comme un modèle qui adopte des priorités fondamentales totalement différentes. Ces dernières décennies, le modèle dominant disait que l’accumulation de force et de richesse par quelques multinationales pouvait nous conduire à un monde meilleur. Il a échoué avec fracas. C’est-à-dire, il ne peut ni s’autoréguler, ni résoudre ses énormes contradictions avec un peu de keynésianisme. Nous avons donc besoin de nouveaux critères de ce qu’on considère comme le développement. Et ces critères sont : que produisons-nous, comment est distribuée la richesse produite, de quelle manière les biens publics sont-ils protégés et élargis, à quel point les gens vivent-ils dignement, comment l’environnement est-il protégé ?

Eleftherotypia : Quand le porte-parole du PASOK dit que son parti rejette un partenariat avec la droite parce qu’il ne peut pas collaborer avec ceux qui ont créé la situation actuelle, j’imagine que cela ne semble pas mauvais. Pourquoi ne pouvez-vous pas discuter avec le PASOK sur cette base ?

Alexis Tsipras : En effet, cela ne semble pas mauvais si on regarde exclusivement la droite, si on ignore totalement le fait que le PASOK a gouverné le pays pendant presque 20 ans et que l’on considère que tous les maux ont commencé en 2004, quand celui-ci est passé dans l’opposition. Pourtant, les gens savent bien que le surendettement dans les banques, les rapports élastiques de travail, la dévalorisation de la santé et de l’enseignement public sont un legs du premier cycle de la gestion « modernisatrice » de Simitis (2). Pour nous, le dialogue avec les autres forces politiques est continu et public. Le PASOK doit, et nous le souhaitons sincèrement, comprendre qu’on ne peut pas avancer avec les mêmes recettes. Qu’il change de position même maintenant. Qu’il se positionne par rapport aux 15 points que nous avons publiés. Qu’il rende publiques ses propres positions sur les questions mises à l’ordre du jour par la vie elle-même. Il ne peut pas les cacher éternellement sous la table.

Eleftherotypia : Voyons ça sous un autre angle. N’est-il pas logique que le PASOK aussi ait sa place comme partenaire dans un plan urgent de reconstruction sociale ? Ou tout au moins quelques-unes de ses forces ?

Alexis Tsipras : La question n’est pas tant qui seront ceux qui vont appliquer le plan de reconstruction sociale — ne vous inquiétez pas, nous ne serons ni suffisants ni sectaires — mais surtout qui est d’accord sur la nécessité d’un tel plan. Est-ce que nous allons nous mettre d’accord sur un plan pour l’intervention publique dans le système bancaire, la protection de la sécurité sociale, l’emploi plein et permanent, l’enseignement public et gratuit ? Est-ce que nous le considérons tous comme nécessaire ? Moi en tout cas je ne vois pas le PASOK ouvrir le débat sur ces questions. Écoutez, l’état de l’économie est critique. La grande question est donc, qui va payer la crise ? Allons-nous oser une redistribution généreuse ou appliquerons-nous des programmes du genre FMI, avec gel des salaires, sans repos du dimanche, avec des rapports de travail encore plus élastiques, comme des cadres éminents du PASOK sont en train de le proposer ? Eh bien, avec ceux-là ce n’est pas possible de se mettre d’accord. Au contraire, nous nous sommes trouvés et nous nous trouvons encore ensemble dans des luttes communes avec un tas de gens et de forces du PASOK. Je suis certain que cela va continuer. Vous savez, la vie et les problèmes sont plus obstinés que les états-majors et les lignes des partis.

Eleftherotypia : Avez-vous en tête des personnalités qui pourraient encadrer cette nouvelle entreprise ? Est-ce que Synaspismos et Syriza peuvent devenir l’axe de la construction d’un courant multicolore qui vise le pouvoir ?

Alexis Tsipras : Ce que nous voulons c’est renverser l’actuel cadre politique. Et pour réussir, nous avons besoin d’un puissant nouveau pôle à gauche du système politique. Ce pôle aura comme épicentre la Gauche radicale, mais regroupera des forces encore plus larges : des socialistes, des communistes, des écologistes, des non encartés. Et ce qui est le plus important, il intégrera les revendications sociales mûries dans un programme concret et réalisable, dans un projet politique alternatif. Aujourd’hui, Syriza est déjà un courant de résistance sociale et de véritable opposition regroupant une multitude de sensibilités. Voyez-vous, ça c’est le premier pas. On peut le proclamer tant qu’on veut, mais si on n’a pas tout ça on ne peut pas devenir un courant revendiquant le pouvoir. Et comme le dit le sage dicton : « Ça prend du temps pour que le fruit vert acquiert le goût du miel ». ■

Traduit par G.M. (du grec).

Notes

1. Le quartier athénien d’Exarcheia fut le lieu de l’assassinat par la police du jeune Alexis Grigoropoulos, âgé de 15 ans, le 6 décembre 2008.

2. Kostas Simitis, né à Pirée en 1936, ancien président du Mouvement socialiste panhellénique (PASOK), a été Premier ministre de la Grèce de 1996 à 2004. Son gouvernement a mené l’offensive des contre-réformes néolibérales.

domenica 15 febbraio 2009

«Politica sociale, Zapatero ha fallito»

Liberazione di oggi ha pubblicato una intevista al nuovo leader di Izquierda Unida, Cayo Lara, che riporto.

di Vittorio Bonanni
La Spagna è uno dei paesi europei dove la crisi economica sta colpendo più duro. Di fronte a questo, «il Psoe non propone risposte davvero risolutive, mentre il Pp è investito da divisioni e da scandali connessi a episodi di corruzione». Perciò il neo eletto leader di Izquerda Unida, Cayo Lara, che ieri insieme a Paolo Ferrero e a Fabio Amato ha partecipato all'iniziativa perugina "Le proposte della sinistra europea contro la crisi del liberismo", si dice fiducioso nel fatto che la «svolta a sinistra» impressa al partito possa invertire il declino degli ultimi anni. «Siamo in crescita - afferma Lara - dal 3,7 ora siamo stimati al 4,5% e in aumento».
Per Lara questo è dovuto al fatto che «abbiamo scongiurato fratture», realizzando una larghissima maggioranza su un indirizzo che «assume nitidamente la centralità della contraddizione capitale/lavoro» e propone di realizzare un'alleanza di tutte le forze radicali. Una sfida che a suo modo illustra le peculiarità del caso spagnolo, dove il Psoe di Zapatero ha sconfitto i popolari realizzando un vasto consenso sul tema delle libertà e i diritti civili a lungo compressi dalla saldatura clerico-conservatrice, ma adottando politiche liberiste sul piano economico. Ora che la deregulation assecondata dal Psoe è deflagrata nella crisi, suscitando un fortissimo malessere sociale, Iui attesta la propria sfida tutta sulle istanze di giustizia sociale non coniugate nella dottrina Zapatero.

In Spagna la crisi ha colpito più duramente che in altri paesi d'Europa. A cosa è stato dovuto?
Da noi è stata realizzata una crescita fondata tutta sul settore immobiliare. Negli ultimi anni si sono costruiti circa 800 mila appartamenti l'anno, quanto in Francia, Germania e Gran Bretagna messe insieme: di questi, solo il 5% erano edilizia pubblica. Una politica tutta sostenuta dalle banche, che hanno realizzato 19 miliardi di euro di profitti nel solo 2008. Il prezzo delle case è così cresciuto del 200%. Ma ora che è scoppiata la bolla ci troviamo 1 milione di case invendute, con riflessi drammatici per l'occupazione e anche per le banche indebitatesi. Si erano calcolati due posti di lavoro per ogni casa: ora, con 500 mila costruzioni in meno, fanno 1 milione di posti persi. La disoccupazione è balzata al 14%, con 3,3 milioni di disoccupati e oltre 700 mila impiegati per meno di una settimana o in corsi di formazione, mentre 1 milione di persone non percepisce sostegni al reddito. La crescita è stata realizzata tutta su bassi salari e precarietà - 11 milioni di retribuzioni non superano i mille euro e il 31% dei lavori sono a termine e precari -, senza che il governo pianificasse investimenti nell'industria, la ricerca, l'innovazione.

Eppure la vittoria di Zapatero aveva suscitato molte aspettative per il suo coraggio sul terreno dei diritti civili. Com'è che non ha saputo coniugarli anche con una maggiore giustizia sociale?
Zapatero ha completamente abdicato alla politica sociale, e ora se ne vedono gli effetti. In Spagna la percentuale di Pil per la spesa sociale è di 7 punti sotto la media europea. La risposta del governo Zapatero alla crisi sono 50 miliardi di euro a garanzia della liquidità per le banche. Il governo però mette soldi senza chiedere che le risorse vadano per esempio a sostenere la piccola e media impresa, e le banche usano quei soldi a copertura dei debiti contratti con gli speculatori per alimentare la bolla edilizia. Gordon Brown, ad esempio, è entrato direttamente nelle banche.

Già. Paradossalmente il new labour è il più a sinistra…Assolutamente sì. In Spagna le piccole e medie imprese stanno chiudendo senza che il governo imponga interventi per impedirlo. Perciò noi abbiamo presentato un piano alternativo volto a realizzare 1,9 milioni di posti di lavoro. Con l'obiettivo di riportare la disoccupazione all'8%.

In che modo?
Il nostro piano è di 61 miliardi di euro, da reperire in parte con la gestione del debito pubblico, dal momento che la Spagna è ancora lontana dall'allineamento alla media europea, e in parte attraverso la leva fiscale. Le 3 riforme realizzate dal 1998, 2 dal Pp e una dal Psoe, hanno tutte avvantaggiato i ceti abbienti. L'aliquota massima è scesa dal 56 al 43%; l'imposta sulle imprese dal 35 al 32,5%, e arriverà al 30. Il governo ha soppresso anche la patrimoniale, che colpiva l'1% dei contribuenti. Si sono persi 118 miliardi di euro l'anno di entrate fiscali, cui va aggiunto il 23% di evasione. Adesso Zapatero propone di dare 400 euro a famiglia per incrementare i consumi, che significa 5,6 miliardi di euro tolti al bilancio. Invece occorre invertire radicalmente la politica economica. Abbattendo di dieci punti l'evasione fiscale si potrebbero reperire 35 miliardi di euro l'anno. Con questi, la riforma fiscale e la gestione del debito si può finanziare il nostro piano.

Con quali obiettivi?

Intendiamo affidare questi 61 miliardi alla Banca centrale, in modo che questa decida come indirizzare le risorse verso le banche così da arrivare anche alla nazionalizzazione di alcuni istituti. Insieme occorre un nuovo intervento pubblico in economia, attraverso una linea di programmazione democratica. Mirando a riacquisire alla gestione pubblica alcune privatizzazioni chiave del decennio 1994-2005, come ad esempio l'energia.


15/02/2009 da Liberazione

mercoledì 11 febbraio 2009

La sinistra alternativa cilena cerca di unirsi per le elezioni presidenziali

Il giornale cileno La Segunda ha pubblicato a fine gennaio nel suo sito la notizia della riunione congiunta dei quattro canidati presidenziali della sinistra alternativa cilena, rappresentanti del Partito Comunista, del Partito Umanista, e due gruppi dissidenti del Partito Socialista. L'obbiettivo è di arrivare a presentare un solo candidato per tutta la sinistra, che attualmente, per effetto di un sistema elettorale particolarmente ingiusto, si trova esclusa dal Parlamento.

Izquierda extraparlamentaria firma acuerdo para levantar candidato único

Martes 27 de Enero de 2009

Fuente :La Segunda Online

En su primera aparición conjunta, los cuatro candidatos presidenciales del sector progresista sellaron oficialmente el pacto para trabajar en estas presidenciales y el futuro. Convocaron a la realización de una Convención Programática, que sería a más tardar la primera semana de abril, para la construcción de una plataforma de gobierno. Asimismo, están abiertos a un pacto instrumental con el oficialismo para terminar con la exclusión de una vez por todas.

Tras un comunicado leído por la secretaria general de la Izquierda Cristiana, Bernarda Pérez, en el vestíbulo del cine Arte Alameda, los presidenciables Tomás Hirsch, Guillermo Teillier, Alejandro Navarro y Jorge Arrate, rubricaron un compromiso adquirido hace un tiempo con el sector extraparlamentario, levantar un candidato presidencial único del sector.

"Este es un acto de respuesta a una esperanza y aspiración que nos hace el pueblo. Hoy le estamos diciendo al país que la Izquierda continuará trabajando en forma unitaria y va a levantar candidatura presidencial única", señaló Tomás Hirsch, candidato humanista, agregando que "también vamos a trabajar para terminar con la exclusión, y para que haya una representación de este sector en el Parlamento. Quisiéramos que eso se lograra por la vía legal, pero evidentemente aquí ha faltado voluntad para que se reforme y se termine con el sistema binominal", señaló.

El texto Nos Comprometemos ante el Pueblo de Chile "invitó a la construcción de una expresión popular como alternativa a la derecha y el Gobierno, y sintetizó las necesidades político-sociales del país para abrir el camino de la esperanza para los trabajadores y las mayorías nacionales excluidas".

Comprometiéndose, además, a definir pronto el mecanismo para determinar y respaldar el candidato único y unitario "asumimos el desafío histórico de poner todas las voluntades en pos de la unidad de las fuerzas de izquierda, populares y progresistas", cerraba el escrito reproducido esta mañana.

"Tendremos en el mes de diciembre una alternativa sólida y democrática ante el país y el mundo entero. Vamos a tener un programa que no sólo servirá para las elecciones, sino que va a ser una herramienta de lucha que identifique al pueblo. Tenemos un gran futuro por delante y en diciembre los grandes triunfadores vamos a ser nosotros", expresó el presidente del PC, Guillermo Teillier.

En tanto el senador Alejandro Navarro, desmintió especulaciones sobre disidencias en la forma de seleccionar al candidato único, y ratificó la necesidad de llegar a un acuerdo con sus homólogos.

"Hay un fuerte desgaste de la política, queremos tocar el corazón y ofrecer una mano, incorporar y hacer participar, demandar compromiso del 52% de los chilenos que no se identifica ni con la Concertación ni con la Alianza. La Izquierda está aquí para decir presente, queremos un candidato único, un programa y un instrumento para gobernar Chile de manera efectiva, práctica y honesta".

Conjeturas que también desmintieron Hirsch y Teillier, proclives a buscar el formato más democrático, pero que asimismo pueda ser viable: "Los humanistas nunca hemos dicho que estemos en contra de unas primarias. Nos gusta mucho porque es participativa, abierta, democrática e inclusiva. Es muy interesante la posibilidad pero también entendemos que es tremendamente complejo y caro. Existe la opción de una convención, acuerdo político y una asamblea, y no hay que tenerle temor a esas posibilidades", indicó Tomás Hirsch.

Por último, el socialista Jorge Arrate, sólo asistió unos minutos a la cita debido al fallecimiento de un familiar, pero se fue dejando la estampa de su adhesión al proceso y su respaldo señalando que "Cualquiera que sea el candidato de la Izquierda, si no soy yo, va a contar con mi apoyo más decidido".

martedì 10 febbraio 2009

L'ultimo congresso di Izquierda Unida

A novembre dell'anno scorso si è tenuto il Congresso di Izquierda Unida. Riporto in proposito, anche se con un certo ritardo, quanto scritto a commento da Alfio Nicotra del PRC, sul sito Un Mondo Nuovo. Il tono è piuttosto pessimista. Va detto che successivamente IU è riuscita ad eleggere un coordinatore nella figura di Cayo Lara, militante del Partito Comunista. La gestione è unitaria, ma l'orientamento politico della coalizione si è decisamente spostato a sinistra.

di Alfio Nicotra

L’unica cosa chiara è che in Spagna, in questi anni, né in parlamento né nella società, è stata presente una alternativa di sinistra. La linea maggioritaria che ha guidato Izquierda Unida è stata molto chiara: associarsi alla vittoria di Zapatero, condizionarlo da sinistra e, da quella posizione, recuperare la forza elettorale di IU.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. IU ha subito un forte arretramento elettorale a causa di una doppia emorragia: il voto utile frutto della polarizzazione bipartitista e l’astensione di una parte importante della sua base elettorale come espressione di rifiuto di una politica subalterna con il governo del PSOE, così come la prolungata smobilitazione a causa dell’assenza di una autentica opposizione di sinistra nelle istituzioni e nelle piazze”. Sembra la fotografia dell’ultimo congresso nazionale del Prc. E’ invece uno stralcio del documento congressuale numero 2 , quello che fa riferimento al Partito Comunista spagnolo, e che ha ottenuto la maggioranza relativa alla IX assemblea federale di Izquierda Unida, celebrata il 15 e 16 novembre , a Vaciomadrid, un comune parte della cintura rossa della capitale.

Un congresso che si è risolto senza nessun vincitore e vinto, che ha fatto parlare di “male italiano per IU”. La terza forza politica nazionale del paese – qui il bipartitismo è più avanzato che da noi, scalfito solo qua e là da qualche forza regionale – sta vivendo il periodo più drammatico dalla sua fondazione (1983). Strutturata a rete e in forma federata, a far precipitare la crisi di IU è stato il pessimo risultato dell’elezioni politiche di primavera che hanno reincoronato Zapatero e il suo partito socialista e sconfitto per la seconda volta consecutiva il partito di centrodestra – erede dei falangisti franchismi- del Partito Popolare.

Gaspar Llamazares che aveva ereditato la guida di una IU già in difficoltà e ai minimi storici, non solo non è stato in grado di risalire la china, ma ha accentuato il conflitto interno tra le varie anime con una posizione sostanzialmente governista.

Il rischio della marginalità definitiva è riecheggiato in tutti gli interventi dei congressisti che si sono alternatiti al microfono, così come il termine “rifondazione”. IU infatti, così come l’abbiamo conosciuta nei suoi primi decenni, non esiste più. La sua forza organizzativa, tutt’altro che disprezzabile, rischia però di essere duramente indebolita dalla paralisi interna che il congresso ha finito per non risolvere ma addirittura per fotografare. Per la prima volta nella sua storia, subito dopo il congresso, non è stato possibile eleggere il coordinatore nazionale.

Nel nuovo Cpn di IU infatti non si è delineato con certezza nessun schieramento maggioritario. Le tre mozioni congressuali al momento del voto finale, si sono ulteriormente divise in cinque liste. Quella del coordinatore dimissionario (“Per un processo costituente di una Sinistra Unita Aperta) che candidava la gasparista Inés Sabanés, si è fermata al 27, 7%. La “Terza Via”, composta da ex-gasparisti (“Creemos en el futuro di Izquierda Unida”) il 18,8%. Il documento che fa riferimento al PCE (“Per una IU anticapitalista, repubblicana, federale e alternativa, organizzata come movimento politico e sociale”) che candidava Cayo Lara attuale coordinatore regionale di Castilla-La Mancha il 43,3% dei delegati. Le due restanti liste quella della corrente minoritaria dell’andaluso Juan Manuel Sánchez Gordillo, rappresentante del Colectivo de Unidad de Trabajadores, e quella basista, trasversale e di sinistra dell’intellettuale Manolo Monereo si sono divisi rispettivamente 4 e 5 dei rappresentanti al cpn rispetto ad una platea complessiva di 90 componenti.

Con la crisi economica che ormai corrode a fondo il “miracolo” spagnolo, con licenziamenti di massa e il tonfo della locomotiva edilizia, alle moltiplicate domande sociali il gruppo dirigente di IU non è riuscito così a trovare una quadra condivisa. La sessione del cpn , convocata al termine dell’assemblea federale, ha preso atto dell’empasse e non ha letto nessun coordinatore.

Si attende adesso che ai 90 membri del cpn eletti nell’assise se ne sommino altri 90 provenienti dalle federazioni locali e dai vari regionali. Il 13 e 14 dicembre – esattamente un mese dopo il congresso- sapremo quale gruppo dirigente e più che latro quale linea politica guiderà IU. Le trattative centrali non hanno avuto alcun esisto, si spera nella “saggezza” nei territori e nelle forze più vive del movimento. Fuori le sedi del partito la società non attende e si organizza comunque per rispondere alla crisi, con la costituzione di “comitati popolari contro la crisi” che nelle stesse ore del congresso hanno riempito le piazze di mezza Spagna.

Filippine: formato un nuovo partito di sinistra

Il settimanale socialista australiano Green Left Weekly informa della creazione di un nuovo partito della sinistra filippina, denominato "Partito del Potere alle Masse" (Partido Lakas ng Masa, PLM) guidato da Sonny Melencio e legato ad un movimento di giovani militari che si ispirano ad Hugo Chavez. L'articolo che riporto è pubblicato in originale qui.

Peter Boyle, Manila
6 February 2009

More than 1000 people, including 920 elected delegates, attended the inaugural congress of Power of the Masses Party (PLM) on January 30. The delegates represented mass organisations of workers, urban poor, peasants, students, street vendors, jeepney and tricycle drivers, women and senior citizens — a mass base estimated at 300,000 according to PLM leaders.

The congress adopted a recruitment target of one million members in Manila and two million in the country as a whole by 2010, when presidential elections are due.
The slogan “PLM: A new party for our time, a party of change, a party of socialism” set a confident tone for the congress.

Sonny Melencio, who was elected chairperson of the PLM, described the new party to as a “combination mass movement and electoral party” that was inspired by the recent Latin American experiences that have put into power progressive and socialist parties in countries like Venezuela and Bolivia.

“We are trying to build a mass party that can lead an uprising as well as engage in elections.
“The socialist victories in Latin America were not simply victories in the ballot boxes. Those electoral victories were preceded by popular uprisings that mobilised millions of people.
“During the elections, these uprisings were transformed into giant mobilisations, but the mobilisations are also continuing in an ongoing process of building new institutions of popular power.”

The PLM congress adopted a “Platform of the Masses”, a transitional program aimed at the “dismantling of the rotten capitalist system and its replacement by socialism”.
This program consists of key demands around economic and political reforms that the party will campaign for. It includes the nationalisation of basic industries and services, such as electricity, oil and water; the provision of basic needs of the masses, such as land, decent housing, education, jobs and health; and the establishment of a genuine government of the masses.

Popular power

“But the political aspect of the program is crucial”, Melencio told Green Left Weekly in an extensive interview (visit for a video of the full interview).

“We want to put power into the hands of the masses. This has to happen from below through the transformation of barangay [neighbourhood] councils into barangay assemblies that can institute alternative structures to replace the congress that is dominated by the trapo [traditional politician] elite.

“The masses are tired of a system where successive people’s uprisings, such as EDSA I [1986, named after the major highway in Manila that was the site of mass demonstrations] and EDSA II [2001], which changed nothing. EDSA III was a failure and led by another trapo, “Erap” [Joseph Estrada], who wanted to return to power.

“We don’t want another EDSA where ’people’s power’ is hijacked by the elite. So we need an uprising that is headed by the masses themselves and crowned by the institution of a government of the masses.”

The forces that launched the PLM came out of an experience in a broad coalition of the left called Laban ng Masa. This alliance included most of the left except the sections associated by the Communist Party of the Philippines, a significant force that holds on to a sectarian approach to the rest of the left, according to Melencio.

This alliance operated on consensus and, unfortunately, there was no consensus on how to relate to important issues such as the Moro struggle for self-determination, the rebel soldiers movement and the commitment of serious resources to building the alliance at all levels, especially at the grassroots, Melencio said. “So we decided to form a party that could do this grassroots organising among the masses, to mobilise them in the streets and elections. However, we are still pursuing left regroupment and the PLM has an inclusive approach.”

Melencio hopes that some other groups from Laban ng Masa might join the PLM in the next few months. Well-known leaders of the broader left, including president of the University of the Philippines and Laban ng Masa chairperson Dr Francisco Nemenzo, former Akbayan Congress representative Etta Rosales, current Akbayan Congress representative Risa Hontiveros and long-time left militant Ric Reyes delivered greetings to the PLM congress in person.

Rebel soldiers movement


The major alliance the PLM is building is with a group of military rebels who launched a failed uprising in 2007. Melencio has been visiting the rebel military leaders in detention and discussing the possibility of them joining the PLM. Some have already expressed their willingness to join or support the PLM.

The PLM congress received a message of support from imprisoned Brigadier-General Danilo Lim, a widely respected leader of the rebel soldiers movement. “Some of the military rebel groups are in full agreement with the PLM platform. In fact, the platform of the PLM is based on a platform put forward by the Young Officers Union for New Government (YOUNG)”, said Melencio.

“They asked us to comment on it, during the days of Laban ng Masa, and we developed it into the Platform of the Masses. We have some more things to discuss, including how to explain socialism to the ranks of the soldiers.” Melencio said that some of the rebel soldiers had been studying the Venezuelan revolution and reading about Hugo Chavez and “socialism for the 21st century”. The PLM has been discussing putting forward Lim as its presidential candidate in 2010.

There were international observers at the PLM inaugural congress from the Japan Confederation of Railway Workers Union, the Swedish Left Party, the Democratic Socialist Perspective of Australia and the Ceylon Bank Employees Union. Solidarity greetings were presented from these groups and other international parties including the Socialist Party of Malaysia (PSM), Papernas from Indonesia and the Revolutionary Workers’ Party (POR, Spain), which emailed greetings.

domenica 8 febbraio 2009

L'LCR si scioglie per dar vita al Nuovo Partito Anticapitalista (NPA)

In questi giorni si è svolto il Congresso fondativo del Nuovo Partito Anticapitalista francese, preceduto da quello di scioglimento della Lega Comunista rivoluzionaria, che ne costituisce la principale organizzazione promotrice. in proposito riporto una dispaccio della France Press, pubblicato sul sito della stessa Ligue.

LA PLAINE-SAINT-DENIS (Seine-Saint-Denis), 5 fév 2009 (AFP) - La Ligue communiste révolutionnaire (LCR) d’Olivier Besancenot a été officiellement dissoute jeudi après 40 ans d’existence, pour créer le Nouveau parti anticapitaliste (NPA) dont le congrès de fondation s’ouvre vendredi. La dissolution a été votée, à main levée, à 87,1% des voix des quelque 150 délégués, a constaté une journaliste de l’AFP. 11,5% ont voté contre, les 1,4% restants se sont abstenus. Quelques timides applaudissements ont suivi le vote. "Nous avons déjà été dissous deux fois par le gouvernement (en 1969 et 1973, ndlr), cette fois-ci c’est nous", s’est amusé, plus tôt dans la journée, Alain Krivine, un des fondateurs de la LCR. "On ne dissout pas en tant que tel, on continue le combat révolutionnaire avec un outil beaucoup plus adapté que la LCR" parce qu’"un parti, à la différence d’une secte, n’est pas un but en soi", a-t-il ajouté, se disant "enthousiaste et heureux". Face à "l’échec du capitalisme" et au déclin du Parti communiste français (PCF), le nouveau parti, qui ne rejoindra pas la IVe internationale trotskiste, sera "une force anticapitaliste incontournable demain", a assuré M. Krivine. Le NPA, dont le congrès fondateur se tient de vendredi à dimanche à la Plaine-Saint-Denis (Seine-Saint-Denis), revendique environ 9.000 militants (contre 3.200 à la LCR). Il s’agit de "prendre le meilleur des traditions du mouvement ouvrier, qu’elles soient trotskistes, socialistes, communistes, libertaires, guévaristes" ou issues de l’écologie radicale, affirme Olivier Besancenot qui n’est "pas venu avec une gerbe de fleurs" et dit ne ressentir "ni émotion ni nostalgie" pour l’"enterrement" de la LCR, créée en 1969. Dans les allées du congrès, la nostalgie n’était en effet pas vraiment palpable même si quelques-uns ont critiqué une dissolution faite "en quelques heures", à l’image de Christian Picquet, minoritaire dans le parti, qui regrette un "débat bâclé, expédié à la sauvette" dans une "ambiance morose". Souhaitant faire entrer au NPA des gens qui, même s’ils avaient des idées proches de la LCR, n’osaient pas y adhérer "à cause de son histoire", M. Besancenot, 34 ans, dont 20 passés à la LCR, a déclaré être "très, très fier" de l’héritage de la Ligue. Fondée en avril 1969, la Ligue communiste, devenue LCR fin 1974, a marqué la gauche et a notamment formé des dizaines d’hommes et de femmes politiques, comme les socialistes Henri Weber, Julien Dray, François Rebsamen, Pierre Moscovici, Sophie Bouchet-Petersen ou David Assouline. Lors du congrès fondateur, les quelques 600 à 700 délégués du NPA devront notamment décider du nom de la nouvelle formation et de son éventuelle participation à un "front de gauche" avec le Parti communiste français et le Parti de Gauche lors des européennes de juin.

jud/paj/ei

Il Congresso costituente del Parti de Gauche: nessun "oltrismo" e Fronte della sinistra alle europee

Sul recente Congresso costituente del Parti de Gauche riporto quanto scritto da Bruno Steri sul rito di Rifondazione Comunista

di Bruno Steri
(Responsabile Europa Prc-Se)

“Ci dicono: prima di redistribuire, occorre produrre la ricchezza. Loro! Che hanno ingrassato le multinazionali e un pugno di ricchi nel mondo!”, “Concittadini, vogliamo cambiare radicalmente la società: non siamo disposti a ricominciare a produrre non importa cosa, non importa come…”, “Noi crediamo alle rivoluzioni dove si vota, come in Venezuela, come in Bolivia”, “La nostra filosofia è quella dei lumi, della repubblica, della sinistra; con un obiettivo concreto: unire la sinistra per battere il neoliberismo”, “E al Partito socialista dico: non agitate il voto utile. L’unico voto utile è quello che porterà nel Parlamento europeo deputati nettamente contrari al Trattato di Lisbona”. Sono queste alcune delle battute con cui Jean-Luc Mélenchon ha concluso il congresso del suo partito: lo ha fatto con una dialettica scaltra e vivace, che coniuga il furore iconoclasta con richiami illuministici e repubblicani (di quelli che scaldano i cuori del patriottismo francese); e che, al contempo, colloca questo transfuga del Ps nel campo della sinistra anticapitalista.

In una struttura periferica situata a sud di Parigi, da venerdì a domenica scorsi, il Parti de Gauche (PdG) ha celebrato il suo “congresso costituente”: una forza politica che, appena nata, conta sul contributo di 4mila militanti (ma il trend è in ascesa) e che, essendosi staccata solo un paio di mesi fa dal Partito socialista, ha trovato un suo spazio nella gauche anticapitalistica francese. Nell’ampia sala congressuale, il clima è quello dei grandi momenti. Ma, in generale, è la situazione politica transalpina che mostra chiari segnali di risveglio e offre alle forze della sinistra consistenti opportunità. La Francia ha appena visto mobilitarsi due milioni e mezzo di persone, chiamate allo sciopero generale da tutti i principali sindacati, di nuovo uniti, contro i tagli di Sarkozy e la sua gestione della crisi: come è stato rilevato anche sulla nostra stampa, erano presenti nelle piazze tutti i settori della società. Non a caso, la relazione introduttiva del congresso ha reso omaggio a questa formidabile giornata di sciopero, ringraziando esplicitamente le forze sindacali per la loro determinazione e la loro inequivoca volontà di lotta. Per comprendere quanto il quadro politico francese sia oggi spostato a sinistra rispetto al nostro, è sufficiente considerare la presenza nel corteo parigino della stessa segretaria del Ps, Martine Aubry. Da noi, al contrario, un pezzo di sindacato firma accordi separati con padroni e governo; e il segretario del maggior partito di centro-sinistra tace davanti ad un’operazione regressiva che tenta di isolare e mortificare il più grande sindacato italiano.

Ma è il tema dell’Europa a marcare la più visibile distanza. Mentre in Italia, al livello dell’opinione diffusa, tale questione è sostanzialmente evanescente, in Francia essa coincide con il nervo scoperto di un referendum tradito. In Francia si è votato; e si è votato “No” al Trattato europeo. Ciò ha consentito alle forze della sinistra di radicare questa tematica nel vivo del dibattito politico. Ed oggi la consapevolezza maturata in quella battaglia referendaria è pienamente disponibile, per dare nerbo all’imminente contesa elettorale (“L’80% delle leggi francesi sono trascrizioni di direttive europee!”). Così - accanto alla proposta politica di un Fronte delle sinistre per la prossima scadenza elettorale continentale - sul piano analitico-programmatico, la crisi del capitalismo e l’Europa hanno del tutto naturalmente costituito l’asse centrale della discussione e dei documenti congressuali; e l’intransigente rifiuto del Trattato di Lisbona (“copia conforme del Trattato costituzionale rigettato nel 2005”) ha orientato l’intero dibattito. Di qui passa eminentemente la stessa critica al Partito socialista, “complice” nell’approvazione del suddetto Trattato-fotocopia. Come detto, la radicale critica a questa Europa, “costruzione liberista e autoritaria”, si è intrecciata con quella del vigente sistema capitalistico e con la necessità storica di un suo superamento: necessità resa ancor più inderogabile dalle drammatiche urgenze (sociali, democratiche, ambientali) indotte dal precipitare della crisi. Su questo, la posizione del PdG è parsa molto netta: “Non si esce dalla crisi rilanciando il capitalismo, ridando fiato ai meccanismi che hanno condotto al disastro sociale e ad una spaventosa crisi ambientale”. Occorre proporre un’alternativa al capitalismo, un altro orizzonte, “precisando le transizioni che vi conducono”. Non sarà una passeggiata: “La sinistra non convincerà il capitale finanziario a rendere quel che ha estorto attraverso un’amabile discussione tra gente di buona compagnia”. Ma deve essere la sovranità popolare a determinare la realizzazione di ciò che corrisponde all’ “interesse generale”: precisamente come sta accadendo in America Latina, in Venezuela, in Bolivia.

Sulla base di tali orientamenti generali, i documenti presentati alla discussione hanno articolato il programma del partito (da proporre successivamente ad un’eventuale coalizione elettorale). Innanzitutto, sul versante interno, quello delle concrete risposte alla crisi sociale. La ricchezza c’è: tant’è che le imprese francesi, nel 2007, hanno incamerato 650 miliardi di utili. Contrariamente a quello che fa il Ps, occorre intervenire con decisione e presto sugli squilibri di classe, proponendo misure strutturali a livello nazionale ed europeo. Anche sul versante esterno, il PdG non sembra fare sconti: neanche ad Obama. Gli Stati Uniti - ha infatti osservato la responsabile del dipartimento sui problemi internazionali - si sono resi responsabili dell’azzeramento del diritto internazionale; e le teorie dello Scontro di civiltà e della Guerra al terrorismo hanno di fatto “fornito un nuovo abito” all’imperialismo. Pur essendo diverso da Bush, Obama non smentisce tali pseudo-teorie: e rafforza le truppe in Afghanistan.

Al grido di “Unità, unità!”, il congresso ha approvato l’appello per un Fronte della sinistra alle prossime europee. Il Pc francese ha già accolto l’invito: e l’ovazione tributata dai delegati alla segretaria comunista Marie-George Buffet ha simbolicamente sigillato l’intesa. La decisione tocca ora al sin qui riluttante Olivier Besancenot, leader del Nuovo Partito Anticapitalista (Npa), che ha raccolto e rinnovato l’eredità della Ligue Comuniste Révolutionnaire, il quale celebrerà il suo congresso nel prossimo week-end. A Besancenot si è direttamente rivolto Mélanchon: “Non ti chiediamo di sciogliere il tuo Npa. Tu dici che ci sono cose che vi distinguono da noi. Confermo: anche noi su alcune cose divergiamo da voi. Ma, appunto, non vogliamo una fusione, bensì un’unione tra forze distinte”. Niente oltrismi, dunque; niente superamenti. E niente scissioni. Così si prova a costruire l’unità. E la si costruisce su punti ben determinati. Mélanchon ne indica due, in particolare: rifiuto netto del Trattato di Lisbona e gruppo parlamentare collocato a sinistra del Ps europeo. Unità nel rispetto delle identità e nella chiarezza dei contenuti: questa è la strada maestra che prova a percorrere la sinistra francese. E un sondaggio dà l’eventuale ressemblement al 14,5%...

giovedì 1 gennaio 2009

L'incontro di San Paolo dei Partiti Comunisti

Si è tenuto a novembre nella città brasiliana di San Paolo, il 10° incontro internazionale dei Partiti Comunisti, organizzato dal Partido Comunista do Brasil, che attualmente è al governo nella coalizione diretta dal Presidente Lula. I precedenti incontri si erano svolti in Bielorussia nel 2007, in Portogallo nel 2006 e in Grecia, in tutti gli anni precedenti.

Sorti per iniziativa del Partito Comunista Greco (KKE), e voluti soprattutto dai PC più tradizionalisti, all'inizio questi meeting internazionali avevano una forma seminariale e di basso profilo politico. Solo negli ultimi anni, con la formazione di un gruppo di lavoro che ne prepara l'organizzazione formato da una decina di partiti, e l'individuazione di sedi diverse, aspirano a diventare parte di un processo di ricostruzione del "Movimento Comunista Internazionale" in continuità con la struttura esistente fino al crollo del blocco socialista.

A San Paolo erano presenti 66 partiti, provenienti da 55 Paesi. La suddivisione per continente è la seguente: Europa 31 (di cui 12 dall'ex blocco socialista), Asia 8, Medio Oriente 9, America 17, Africa 1. Dal punto di vista del ruolo politico: 5 sono al potere in condizioni di monopolio politico (Cuba, Cina, Corea, Laos, Vietnam); 12 sono al governo o sostengono coalizioni di governo svolgendo un ruolo più o meno importante (Bielorussia, Bolivia, Brasile PCdoB, Cipro, Ecuador, Nepal, Paraguay, Sud Africa, Siria SCP e CPS, Uruguay, Venezuela); 13 hanno una rappresentanza parlamentare (Bulgaria, Colombia, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, India CPI e CPM, Iraq, Lettonia, Palestina PPP, Portogallo, Russia PCFR, Ucraina PCU). Gli altri 36 partiti non hanno rappresentanza parlamentare (uno è illegale).

Dal punto di vista dell'origine ideologica: 35 sono partiti già presenti all'interno dell'MCI egemonizzato dall'Unione Sovietica; 9 derivano da scissioni di partiti che avevano assunto posizioni autonomiste nei confronti del PCUS a partire dagli anni '70, o che dopo il crollo del blocco socialista si sono trasformati in partiti non comunisti; 6 partiti derivano dalla corrente filocinese degli anni '60; 12 sono partiti formatisi nei paesi dell'est Europa dopo il crollo del socialismo; 4 partiti vengono da tradizioni diverse.

Un certo numero di partiti comunisti non ha mai partecipato a questi incontri internazionali, e alcuni dei partecipanti vi hanno sempre attribuito scarsa rilevanza. Tra gli assenti diversi partiti minori europei (Austria, Belgio, Svizzera), il Partito Comunista della Repubblica Moldava, in Asia il Partito Comunista Giapponese, il Partito Comunista del Nepal (Maoista), le due principali organizzazioni comuniste filippine (PCP, PM), in America Latina l'FMLN del Salvador, l'URNG del Guatemala, il PT messicano, il PCEml dell'Ecuador. Assenti anche le principali formazioni della sinistra radicale al potere in America Latina: il PSUV venezuelano e il MAS boliviano, escluse dalla discriminante ideologica e non politica che sta alla base di questi incontri.

Il seminario, come quelli precedenti, non ha prodotto un vero e proprio documento politico, ma solo un appello dal tono propagandistico e dal contenuto dogmatico. L'attuale crisi economica e finanziaria, probabilmente la più grave dal '29, è espressione intrinseca dei profondi limiti del capitalismo e potrebbe fornire le basi per lo sviluppo di tendenze militariste e autoritarie. Potenti campagne ideologiche vengono messe in atto per nascondere le vere ragioni della crisi. I partiti che sostengono il capitale accettano i dogmi del "Washington Consensus", La socialdemocrazia, per nascondere la sua trasformazione in un pilastro dell'imperialismo, cerca di riproporre forme di regolazione neo-keynesiane per cercare di impedire il successo di alternative rivoluzionarie. Pertanto si impone il "rovesciamento rivoluzionario del capitalismo" e l'alternativa è il socialismo, ovvero una società nuova libera dallo sfruttamento di classe e dall'oppressione. Intanto si delineano le condizioni per un movimento ampio contro le politiche capitalistiche.

Oltre a questo documento sono state presentate diverse mozioni, che impegnano solo i partiti che le sottoscrivono. Le differenze tra le liste dei firmatari sono rilevanti e danno un'idea delle notevoli divergenze politiche che esistono tra i vari partiti presenti.
Mozione in appoggio del popolo palestinese: 44 firmatari
Mozione per i 200 anni dell'indipendenza dell'America Latina e del Caribe: 38 firmatari
Mozione contro il blocco di Cuba: 45 firmatari
Mozione di appoggio alla Corea del Nord: 29 firmatari
Mozione contro la politica USA in Colombia: 44 firmatari
Mozione per la libertà dei 5 cubani: 49 firmatari
Mozione di critica alla politica filo-USA della Georgia: 34 firmatari
Mozione contro l'indipendenza del Kosovo: 19 firmatari
Mozione in favore di una politica di dialogo tra USA e Iran: 60 firmatari

Una ventina di partecipanti hanno sottoscritto solo quest'ultima mozione o non ne hanno sottoscritto alcuna. Diverso il comportamento delle due delegazioni italiane: il PRC ha firmato solo la mozione per i 5 cubani e per il superamento della politica di scontro tra USA e Iran, che contiene anche una condanna delle politiche repressive del regime islamico; il PdCI ha firmato tutte le mozioni tranne quella sulla Georgia, che contiene anche un elogio del "compagno Stalin".

Interessanti anche i comportamenti dei cinque partiti al potere: i laotiani hanno firmato tutte le mozioni tranne quelle in favore della Corea e contro l'indipendenza del Kosovo, i cubani hanno firmato solo le due mozioni che li riguardano direttamente (blocco, 5 cubani); i coreani hanno sottoscritto solo la mozione che difende la Corea; i cinesi e i vietnamiti non hanno firmato nessuna mozione.