sabato 27 dicembre 2008

I siti web della sinistra austriaca

Partendo dal sito Broadleft, curato da Nico Biver ma non più aggiornato dal 2005, ho costruito una lista di siti web di organizzazioni politiche della sinistra marxista austriaca. Rispetto al sito di Biver ho escluso socialdemocratici, verdi e anarchici e le organizzazioni non più attive.

Partito Comunista Austriaco (KPOe): è il partito comunista storico, fondato nel 1918, aderisce al Partito della Sinistra Europea.

Iniziativa Comunista (IK): piccolo gruppo ortodosso, uscito dal KPOe nel 2005, basato a Vienna.

Iniziativa per la Costruzione di un Partito Comunista Rivoluzionario (Austria - IA RKP): gruppo stalinista che ha assunto questa denominazione nel dicembre 2007, in precedenza si chiamava Azione Comunista (marxista-leninista) KOMAK-ML ed era stato fondata nel 2002.

Partito Marxista-Leninista d'Austria (MLPOe): scissione filocinese del KPOe, sorto nel 1967.

Partito Socialista di Sinistra (SLP): trotskista, sezione del Comitato per una Internazionale Operaia (guidato da Peter Taaffe). Ha dato vita ad una coalizione elettorale denominata "Sinistra". Fondato nel 2000, in precedenza si chiamava Offensiva Socialista Avanti (SOV).

La Scintilla: trotskista, scissosi dal precedente nel 1994, pratica l'entrismo nel Partito Socialdemocratico (SPOe), è la sezione della Tendenza Marxista Internazionale (guidata da Alan Woods).

Alternativa Socialista (SOAL): trotskista, sezione della Quarta Internazionale (ex Segretariato Unificato).

Organizzazione Rivoluzionaria Socialista (RSO): trotskista, sorta nel 2007 dalla fusione della Sinistra Antifascista (AL) e del Gruppo Operaio Marxista (AGM).

Gruppo per una Politica Operaia Marxista Rivoluzionaria (GRA): trotskista, sorto nel 2007 dalla fusione Gruppo per una Politica Operaia Rivoluzionaria (GRA) e del Gruppo Nuovo Corso (DNK).

Rivoluzione Permanente: gruppo di sostenitori austriaci del CoReP, Collettivo Rivoluzione Permanente, che raccoglie alcuni piccoli gruppi trotskisti di diversi paesi.

Lega della Rivoluzione Socialista (LSR): trotskista, sezione austriaca della Lega per la Quinta Internazionale. Fondata nel 1985 come Gruppo Punto di Vista Operaio (AST).

Svolta a Sinistra: gruppo trotskista, fa parte della Tendenza Socialista Internazionale (guidata da Alex Callinicos).

lunedì 8 dicembre 2008

La sinistra svedese si allea in vista delle elezioni del 2010

I giornali svedesi hanno annunciato che i partiti di opposizione all'attuale governo di centro-destra hanno raggiunto un accordo per formare una coalizione che si propone di vincere le elezioni politiche del 2010.

"Speriamo di essere in grado di offrire una politica giusta in vista delle elezioni del 2010. Abbiamo lavorato insieme a lungo e ci siamo rafforzati con questo lavoro comune", ha dichiarato la leader socialdemocratica Mona Sahlin al quotidiano Svenska Dagbladet. "Adesso siamo una coalizione fortec he può combattere contro il governo di centro-destra".

Mentre i Socialdemocratici, il Partito Verde e il Partito della Sinistra intendono competere e fare campagna separatamente in vista delle prossime elezioni parlamentari, hanno anche raggiunto un accordo per formare una coalizione di governo comune in caso di vittoria.

I progressi nello sforzo dei tre partiti di lavorare insieme erano stati inizialmente resi difficili dal rifiuto del Partito della Sinistra di accettare i vincoli di bilancio. Secondo la stampa la conferenza comune tenuta sabato scorso attesterebbe che la Sinistra, minacciata di esclusione da una futura coalizione, avrebbe accettato i necessari compromessi richiesti dagli altri partner.

"Siamo contenti di poter offrire un'alternativa al governo guidato dal Partito Moderato, ha dichiarato il leader della Sinistra Lars Ohly, il quale ha sottolineato che le differenze tra i tre partiti rimangono ma che questi disaccordi non rappresentano più un ostacolo ad un lavoro comune. "Non abbiamo cambiato il nostro punto di vista ma questo è un prezzo che siamo disposti a pagare", ha detto Ohly della decisione del suo partito di accettare che il bilancio dello stato resti in attivo e che vi sia un tetto alle spese pubbliche, così come il mantenimento dell'indipendenza della banca centrale svedese.

I tre partiti di sinistra hanno annunciato che creeranno cinque gruppi di lavoro prima della fine dell'anno con l'obbiettivo di presentarne i risultati entro la primavera del 2010. I gruppi di lavoro riguarderanno il lavoro e l'economia, l'ambiente, il welfare, le politiche urbane destinate a combattere la segregazione, e la gestione della politica estera e di sicurezza.

Nella conferenza stampa comune i partiti hanno anche avanzato un pacchetto di proposte destinate a combattere la disoccupazione giovanile e a sopprimere ogni forma di subordinazione e discriminazione nei confronti delle donne.

L'ultimo sondaggio della Demoskop, pubblicato dal quotidiano Expressan, indica una crescita del Partito della Sinistra che si attesta quale terzo partito del paese. I socialdemocratici avrebbero il 39,7%, la Sinistra il 7,7% e i Verdi il 6,3%. Complessivamente le tre forze sopravanzano i partiti de centro-destra di dieci punti percentuali.

domenica 9 novembre 2008

Possibile svolta a sinistra di Izquierda Unida

La coalizione della sinistra alternativa spagnola, Izquierda Unida (IU), terrà la sua IX assemblea nazionale il 15 e 16 novembre a Rivas (Madrid). Il coordinatore Gaspar Llamazares ha annunciato nei giorni scorsi le sue dimissioni, anche se in ogni caso non si sarebbe ripresentato per un nuovo mandato alla guida di IU.

La conclusione della leadership di Llamazares avviene in una fase di profonda crisi della coalizione che ha ottenuto nelle elezioni di quest'anno il peggior risultato della sua storia. Dispone ormai di un solo deputato, mentre un secondo parlamentare è stato eletto in alleanza con la Sinistra Verde catalana.

Da tempo il Partito Comunista (PCE), guidato da Francisco Frutos, principale forza organizzata all'interno IU, è in aperto dissenso con la politica condotta dal Coordinatore regionale, considerato troppo accomodante con il PSOE e poco attento a dare voce alle spinte anticapitalistiche.

Al dibattito dei militanti sono stati sottoposti tre documenti contrapposti, quello della maggioranza del gruppo dirigente uscente guidato da Llamazares, quello della cosidetta terza via o "Nacional II" (dal nome della strada che collega Madrid a Barcellona, perché è in questi territori che raccoglie soprattutto le sue forze), e il terzo sostenuto dai comunisti e da altri gruppi minori di sinistra e appoggiato dall'ex coordinatore generale Julia Anguita.

I reali rapporti di forza si verificheranno all'Assemblea nazionale ma i primi dati ufficiosi sembrano indicare una sconfitta della direzione uscente che raccoglierebbe tra il 26 e il 30% dei delegati. Alla mozione della terza via andrebbe il 20%. Il documento presentato dal PCE raccoglierebbe il 46%. Un altro 5% sarebbe formato da indipendenti, trotskisti, sindacalisti della CUT.

Sarà necessario formare una alleanza interna per definire una direzione in grado di guidare la coalizione. Non sembra facile una gestione unitaria. Il PCE propone che anziché eleggere un coordinatore regionale ci si limiti a votare una direzione collegiale composta da una decina di membri.

La stampa riporta anche la possibilità di una uscita da IU di esponenti della linea più moderata, come il Sindaco di Cordoba Rosa Aguilar che ha dichiarato di attendere l'esito dell'Assemblea per decidere che cosa fare.

L'esito dello scontro interno sembra comunque indicare una radicalizzazione della politica di IU nel prossimo periodo.

domenica 2 novembre 2008

La sinistra USA e Obama

Le elezioni presidenziali americane sono ormai imminenti. Le previsioni indicano un successo del candidato democratico Barack Obama, anche se solo il voto e la sua suddivisione nei vari Stati, potrà confermare questa eventualità.

Si può prevedere che si chiuda il ciclo ultra-liberista e militarista della presidenza Bush, ma molto più difficile prevedere se e quanto sarà profondo il cambiamento. Certamente molto limitato nel caso della vittoria di McCain, più evidente nel caso di successo del leader nero, soprattutto se questo avverrà grazie ad una "landslide", una valanga che indichi uno spostamento profondo dell'opinione degli elettori americani.

Di fronte alla candidatura di Obama le posizioni della sinistra organizzata americana, di orientamento socialista o comunista sono differenziate. , Va tenuto presente che questa rappresenta solo una piccola parte dell'area "radical", che si colloca per lo più in reti di movimento, sindacato, aree intellettuali, riviste e centri di ricerca.

Il Partito Comunista degli Stati Uniti (CPUSA) segue la sua tradizionale politica di sostegno elettorale ai candidati Democratici. Già all'inizio delle primarie vedeva nelle elezioni del 2008 una "tremenda opportunità" per mettere fine alla politica della destra Repubblicana e di spostare il Paese in una direzione progressista. Queste elezioni possono rappresentare l'inizio di una svolta. Tra i candidati delle primarie, i comunisti non avevano preso posizione, ma consideravano comunque Obama quello che aveva trasmesso il più chiaro messaggio di unità e di cambiamento ed in grado di vincere le elezioni di novembre.

Nell'ultimo editoriale del settimanale comunista People's Weekly World si invitano i lettori ad impegnarsi al massimo per la vittoria di Obama anche se non è un candidato di sinistra, perché potrà cambiare comunque la politica americana. L'editorialista, Marc Brodine, ritiene che esistano le condizioni per un netto successo del candidato democratico. L'articolo si intitola infatti "The coming landslide", la valanga che verrà.

Anche il Comitato di Corrispondenza per la Democrazia e il Socialismo, formato da dirigenti usciti dal Partito Comunista all'inizio degli anni novanta, tra i quali Angela Davis, invita a "votare per il cambiamento". In un documento pubblicato ad agosto l'organizzazione invita tutte le forze di sinistra e progressista ad impegnarsi per battere le forze guerrafondaie, neo-conservatrici e di destra che sostengono McCain.

Il Comitato ha invitato i propri aderenti e simpatizzanti a sostenere la coalizione "Progressisti per Obama (P4O)", per influire sulla piattaforma politica del candidato e contrapporsi al peso delle componenti più moderate del Partito Democratico. Tra i promotori e sostenitori della coalizione vi sono Barbara Ehrenreich, Tom Hayden, Cornel West, Jane Fonda ecc.

In favore di Obama si è schierato anche il "Working Families Party (WFP)", fondato a New York una decina di anni fa, da militanti sindacali e delle organizzazioni comunitarie impegnate nel sociale. Poco interessato alle questioni ideologiche e orientato invece nell'azione per conquistare risultati concreti per i ceti popolari newyorchesi attraverso un uso spregiudicato del sistema di voto in questo Stato che consente ai candidati di essere presentati contemporaneamente da più partiti. In questo modo il riesce a portare diverse decine di migliaia di voti ai candidati (in genere Democratici) che sostiene e che si impegnano a favorirne il programma.

Il "Partito Mondo Operaio (WWP)", è una piccola forza politica, molto attiva soprattutto nel movimento contro la guerra, con un singolare percorso. E' nata da una scissione del partito trotskista americano, il Socialist Workers Party, alla fine degli anni '50, ma nel tempo ha abbandonato ogni riferimento alle idee di Trotsky per avvicinarsi alle posizioni dei partiti marxisti-leninisti filosovietici, soprattutto sul piano internazionale. Dalla lettura dell'ultima edizione del suo giornale Workers World non emerge una chiara posizione elettorale. Obama non viene criticato direttamente, ma si sottolinea che comunque non potrà cambiare da solo la situazione politica e sociale degli Stati Uniti, nemmeno cancellare il razzismo. Vengono però attaccati, per le loro posizioni reazionarie, i candidati Repubblicani McCain e Sarah Palin e viene denunciato il pericolo di brogli elettorali a loro favore come nel 2000.

Dal sito del partito risulta che il WWP abbia deciso di sostenere la candidatura di Cynthia McKinney, ex parlamentare democratica afro-americana che aveva assunto un atteggiamento molto polemico nei confronti di Bush, al punto da dare credito alle voci di complotto sull'attentato dele Torri Gemelle. Questo l'ha condotta ad essere emarginata dal partito che ha abbandonato per ottenere la nomina candidato presidenziale da parte dei Verdi. Il Partito per la Liberazione e per il Socialismo, nato da una scissione del WWP, ha deciso di presentare una propria militante, Gloria La Riva, alla candidatura di presidente degli Stati Uniti.

Il Partito Socialista degli Stati Uniti è quanto rimane di una forza politica nata all'inizio del '900 e che avuto almeno fino agli anni venti del secolo scorso un radicamento di massa e un seguito elettorale significativo. Attualmente è un piccolo gruppo, abbastanza marginale nel panorama politico americano. Mantiene una linea politica di contrapposizione al bipartitismo e si rifiuta di appoggiare i candidati democratici. Anche nelle elezioni d quest'anno ha deciso di presentare una propria candidatura, quella di Brian Moore, che sarà sulle schede elettorali solo in alcuni Stati. Improbabile che riesca ad avere un risultato anche minimamente significativo.

Nell'ambito della corrente socialista, una tendenza più moderata della precedente ma con una maggiore influenza è quella si raggruppa nei Democratic Socialist of America. Aderisce all'Internazionale Socialista, ed è nata dalla confluenza di una componente socialista tradizionale con un settore del movimento radicale degli anni '60. Opera tradizionalmente all'interno del Partito Democratico. Il suo sito invita tutti i progressisti a mobilitarsi per Obama, sottolineando che l'esito del voto non è affatto scontato.

Chi si schiera apertamente contro il voto per Obama è la principale organizzazione trotskista americana, l'International Socialist Organization. Come per il Socialist Party, questo gruppo rifiuta di sostenere il Partito Democratico perché considerato un partito capitalista al pari dei Repubblicani. Ha invece sempre appoggiato candidati di sinistra, tra cui Ralph Nader quando divenne portabandiera dei Verdi, alla ricerca della costruzione di una terza forza politica effettivamente di sinistra. Questa era la prospettiva indicata a suo tempo già da Trotsky.

Come scrive uno dei leader storici del gruppo, Lance Selfa, Obama non è un progressista, ma al massimo un "centrista" e la sua politica non rappresenterà una effettiva svolta per il paese. La sua politica potrà assomigliare a quella di Roosevelt negli anni '30, ma anche quella, secondo Selfa, servì solo a "salvare il capitalismo".

Altri candidati di sinistra presenti alle elezioni sono:
* Ralph Nader sostenuto da piccoli gruppi ecologisti dissidenti e pacifisti, ma il cui consenso è andato notevolmente declinando dopo il successo relativo del 2000 (quando venne accusato di aver fatto perdere le elezioni ad Al Gore, aprendo la strada alla presidenza di Gerge Bush).
* Roger Calero del Socialist Workers Party, un tempo importante organizzazione trotskista ora ridotto ad una piccola setta.

sabato 27 settembre 2008

I comunisti birmani non intendono boicottare le elezioni del 2010

Il sito birmano Mizzima News ha pubblicato a metà del luglio scorso una serie di interviste ai rappresentanti dei gruppi politici di opposizione alla giunta militare birmana. Fra questi anche il portavoce del Partito Comunista di Birmania (CPB) "Comrade" Po Than Jaung. Il CPB è stato fondato nel 1939 e in tutta la sua storia ha potuto contare su tre soli anni di legalità, dal 1945 al 1948. Schieratosi con i cinesi al momento della scissione del movimento comunista internazionale, ha guidato un forte movimento di guerriglia fino all'inizio degli anni '90, quando la ribellione delle minoranze che costituivano gran parte delle sue forze di guerriglia, ha costretto i suoi dirigenti a rifugiarsi in Cina.

Il regime birmano ha annunciato che nel 2010 si terranno elezioni politiche, le prime dopo quelle che nel 1990 avevano dato la vittoria al movimento democratico guidato da Aung San Suu Kyi. Il processo democratico venne rapidamente interrotto dall'intervento dei militari che da allora governano il Paese attraverso la repressione.

Secondo il portavoce del Partito Comunista, le elezioni del 2010 si terranno all'interno della struttura della costituzione approvata recentemente: "la Giunta userà le elezioni per prolungare il proprio dominio e mantenere il potere politico. Le elezioni del 2010 non saranno paragonabili a quelle del 1990. Nelle elezioni del 2010, il 25% dei seggi parlamentari saranno riservati alle Forze Armate. I partiti ed il popolo potranno battersi solo per il restante 75% dei seggi. Inoltre molte posizioni chiave e dipartimenti saranno anch'essi riservati ai rappresentanti nominati dalle Forze Armate. Perciò le elezioni del 2010 non possono cambiare la natura del regime militare in Birmania".

Nonostante questa valutazione critica i comunisti non intendono boicottare le elezioni. "Non dobbiamo lasciare tutti questi seggi parlamentari senza confronto e arrenderci alle manipolazioni dell'esercito come essi desiderano." Quanto alla possibilità di partecipazione diretta del CPB, Po Than Jaung ricorda che al partito non è concesso di operare legalmente, benché questa richiesta sia stata avanzata sin dalle elezioni del 1990. Il partito si rifiuterebbe di operare sotto un altro nome. "Il CPB si presenterà solo con il proprio nome. Non abbiamo intenzione di cambiare il nome del nostro partito", ha dichiarato il dirigente comunista a Mizzima.

venerdì 26 settembre 2008

Messo fuori legge il PC delle Terre Basche

Il Tribunale Supremo spagnolo ha deciso di mettere fuori legge e di dissolvere il Partido Comunista de las Tierras Vascas (PCTV) perchè questo partito si è convertito nell'"equivalente funzionale" di Batasuna, per essere inoltre espressione "di una strategia terrorista dell'ETA, dalla quale non ha preso la distanza", e infine per "proteggere il sistema democratico".

La sentenza, come riferisce El Pais, spiega che la messa fuori legge di un partito politico può essere sia la conseguenza di un "appoggio diretto" a organizzazioni terroristiche, come di un "appoggio indiretto" alle stesse, attraverso altre entità che, a loro volta, agiscono in accordo con una organizzazione terroristica.

Per la messa fuori legge non è però necessario che questo partito sia diretto da un partito illegale o dal gruppo terrorista, o sia uno "strumento" di questi. Tutte le azioni che possono dar luogo alla dichiarazione di illegalità richiedono "il significato obbiettivo di essere un contributo al terrorismo".

Il Tribunale Supremo considera provato che il PCTV abbia messo a disposizione mezzi e infrastrutture a Batasuna, in concreto una sede nella località di Usurbil, della quale i dirigenti di Batasuna potevano "disporre liberamente". Inoltre il PCTV ha assorbito nella propria attività politica un significativo numero di membri di Batasuna e ha trasferito denaro sotto forma di "salario" ai componenti della Tavola Nazionale di Batasuna.

Il Coordinatore generale di Izquierda Unida, Gaspar Llamazares, ha espresso il proprio rispetto per la Sentenza del Tribunale Supremo e ha chiesto alla sinistra basca che "si svincoli dalla violenza se vuole agire in politica". Llamazares ha detto che rispetta la sentenza nonostante IU continui ad essere critica sulla applicazione della Legge sui Partiti sulla base della quale è avvenuta la messa fuori legge del PCTV.

sabato 6 settembre 2008

I siti web della sinistra colombiana

In questo post presento un quadro aggiornato dei siti web delle forze politiche della sinistra colombiana, avendo come base la pagina del sito Leftist Parties of the World di Nico Biver che risale al 22 aprile 2005.

COLOMBIA

Polo Democratico Alternativo (PDA): coalizione della sinistra moderata e alternativa, leader Cesar Gaviria.

Partito Comunista Colombiano (PCC): fondato nel 1930, di tradizione filosovietica, fa parte del Polo, leader Jaime Caycedo.

Partito del Lavoro di Colombia (PTC): maoista moderato, nato nel 2002 da una scissione del MOIR, leader Marcelo Torres, fa parte del Polo.

Movimento Operaio Indipendente e Rivoluzionario (MOIR): maoista moderato, fondato nel 1969, fa parte del Polo.

Movimento Operaio Indipendente e Rivoluzionario - Francisco Mosquera (MOIR - Francisco Mosquera): maoista, piccola scissione del precedente.

Movimento per la Difesa del Popolo (MODEP)

Partito Socialista dei Lavoratori (PST): trotzkista morenista, fondato nel 1977, aderisce alla LIT.

Gruppo Comunista Rivoluzionario di Colombia (GCR): maoista, fondato nel 1982.

Unione Operaia Comunista (marxista-leninista-maoista): fondata nel 1998, maoista radicale.

Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia- Esercito del Popolo (FARC-EP) organizzazione politico-militare, sorta per iniziativa del Partito Comunista ma oggi autonoma. Il suo sito ufficiale non funziona più, ma ce ne sono altri che riportano materiale e comunicati.

Esercito di Liberazione Nazionale (ELN): organizzazione politico-militare di orientamento guevarista, fondata nel 1964.

Partido Comunista di Colombia (Marxista-leninista) PCdeC (ML): nato da una scissione del PCC, dirige una organizzazione armata l'Esercito Popolare di Liberazione, prima filocinese poi filoalbanese. Questa pagina pubblica i suoi documenti.

I giovani precari giapponesi guardano ai comunisti

L'articolo di Stefania Viti del Messaggero che qui riportiamo segnala la crescita di simpatia che si registra verso il Partito comunista giapponese, in particolare tra i giovani. L'articolo originale del Japan Times si può leggere qui.

Ascesa a sorpresa dei comunisti nipponici
di Stefania Viti su Il Messaggero del 23/08/2008

Chi l’avrebbe mai detto. Dopo decenni passati in sordina il Partito Comunista Giapponese(JPC) vive un momento di gloria e sta diventando uno dei protagonisti della scena politica nipponica di quest’ultimo periodo.

“Red on a rise”(rossi in ascesa) titola un suo articolo The Japan Times mentre l’intellettuale rivista Aera si domanda se sia reale la crescita esponenziale del Partito Comunista Giapponese.

Kazuo Wada del Comitato Giovanile delJPC non ha dubbi:”Linteresse da parte dei giovani per il nostro partito è reale e quest’anno il numero dei simpatizzanti è arrivato a circa 3.480.000”

JPC in verità è un piccolo partito.

Al momento detiene in totale 16 seggi-circa il 7,5%-tra quelli della camera bassa e quelli della camera alta.

Niente in confronto ai due giganti dela politica giapponese il Partito Liberaldemocratico(LDP)-quasi ininterrottamente al governo dal dopoguerra ad oggi- e il principale partito di opposizione, il Partito Democratico(DPJ).

Ad avvicinare i giovani al JCP sono soprattutto i problemi legati al lavoro.

“Un terzo dei giovani sono precari e anche tra i laureati soltanto la metà riesce a trovare un posto fisso” spiega Wada, Quando lo scorso febbraio Kazuo Shij, presidente del JPC, durante una sessione parlamentare ha parlato in difesa dei diritti dei precari, l’interesse verso il JPC si è fatto più evidente: il video della sessione è stato registrato e trasmesso via internet attraverso vari canali, compreso quello ufficiale del sito del partito, il quale, secondo The Japan Times è stato visitato circa 150 mila volte.

Avvisaglie di rinnovato interesse in realtà c’erano già state. Tra i libri best-seller dell’ultimo anno in Giappone spicca “Kanikosen”(Il peschereccio dei gamberi) capolavoro proletario del 1929, prima e unica opera diKobayashi Takiji.

“Negli ultimi sei mesi “Kanikosen” ha venduto circa 410.000 copie-continua Wada. “Un numero eccezionale, se si pensa che dalla sua pubblicazione ad oggi ne ha vendute in totale 450.000, circa 5000 all’anno”.

Il libro adesso viene venduto con la copertina originale del 29, quella con falce e martello.

“Adesso la società è molto frammentata e i giovani faticano a trovare una identità comune-continua Wada. Di recente però hanno iniziato a riunirsi in sindacati e a cercar di far sentire la loro voce. Lo scorso anno c’è stata una grande manifestazione e presto ce ne sarà un’altra: è dagli anni 70 che non succede una cosa simile. E’ in atto una trasformazione. I giovani si stanno rendendo conto che non è tutta colpa loro se le condizioni di lavoro sono quello che sono”

E infatti, proprio la situazione contingente, più che la motivazione ideologica ad avvicinarli al JPC.

“In molti non conoscono la storia del Partito Comunista ma sono attirati soprattutto da ragioni pratiche” conclude Wada.

Alle prossime elezioni-quelle della camera bassa previste tra fine anno e e settembre 2009-questo atteggiamento potrebbe fare la differenza.

Con LDP che stenta a risalire la china del gradimento e il DPJ pronto al sorpasso, per la prima volta nella storia del Giappone il JPC potrebbe avere la possibilità di avere un ruolo attivo nella dieta.

martedì 26 agosto 2008

I comunisti russi e georgiani contro Saakashvili


Il Partito Comunista della Federazione Russa e il Partito Comunista Unificato di Georgia hanno diffuso dei comunicati sul conflitto che è scoppiato in agosto tra i rispettivi Paesi a seguito del tentativo georgiano di rioccupare militarmente la regione dell'Ossezia del Sud, di fatto autonoma dall'inizio degli anni '90.

Il Comitato centrale del partito georgiano è intervenuto con un comunicato pubblicato a Tbilisi l'11 agosto. Il conflitto è visto come il "compimento delle profezie (dei comunisti, ndr) sulla militarizzazione pregiudiziale realizzata dalle autorità politiche nazionaliste e pro-fasciste".

La responsabilità del conflitto viene attribuita al governo georgiano appoggiato da alcuni paesi occidentali e organizzazioni internazionali. L'esercito georgiano "armato e preparato da istruttori americani" ha distrutto barbaramente la città di Tskhinvali (la capitale dell'Ossezia del Sud), causando la morte di più di 2.000 abitanti. Vengono ricordate anche le vittime georgiane, ma la responsabilità è interamente attribuita all'"avventurismo irresponsabile del regime di Saakashvili" (il presidente filo-americano della Georgia).

I comunisti georgiani non entrano nel merito della prospettiva delle due regioni dissidenti (Ossezia del Sud e Abkhazia) ma indicano come obbiettivo principale la costruzione di una coalizioni di forze politiche e movimenti sociali che riescano a "liberare la Georgia dal regime anti-nazionale, russofobico, pro-fascista di Saakashvili".

Il Partito Comunista Russo, da parte sua, ha inviato una lunga lettera ai "partiti fratelli e amici", datata 14 agosto e firmata dal Dipartimento Internazionale del Comitato Centrale. Il testo si propone di rispondere alle manipolazioni dei media occidentali, ricostruendo la vicenda storica che è alla base del conflitto. Dell'Ossezia si ricorda che era una provincia unitaria dell'impero e solo dopo il 1917 la parte meridionale è entrata a far parte della Georgia. Il popolo dell'Ossezia del Sud fu oggetto di un primo "genocidio" da parte del governo georgiano che era in mano ai menscevichi negli anni 1918-20, durante la guerra civile (effettivamente un'altra fonte parla di 5.000 morti per mano dell'esercito della Georgia).

Una volta integrata nell'URSS, l'Ossezia del Sud venne annessa alla Georgia con lo status di Regione autonoma. Secondo la ricostruzione dei comunisti russi anche durante gli anni dell'Unione Sovietica le autorità georgiane continuarono ad avere una atteggiamento punitivo nei confronti degli osseti, costringendoli a modificare i loro nomi e ad utilizzare i caratteri dell'alfabeto georgiano al posto del cirillico.

Con il crollo dell'Unione Sovietica si fa sempre più determinante il peso delle correnti nazionaliste georgiane che vogliono cancellare l'autonomia dell'Ossezia del Sud. Il conflitto provoca nuovamente migliaia di morti fino all'accordo di Soci tra Yeltsin e Shevarnadze, che ha determinato una condizione di precaria stabilità durata fino all'agosto di quest'anno.

Il documento ricostruisce anche gli antefatti più immediati del conflitto. I comunisti russi ricordano di avere chiesto, senza successo, che si arrivasse alla firma di un trattato definitivo fra le parti, per evitare la degenerazione della situazione. La causa dello scoppio della guerra viene attribuita interamente alla decisione georgiana di lanciare un attacco contro l'Ossezia del sud nella notte tra il 7 e l'8 agosto scorso. Viene ripresa la cifra degli oltre 2.000 morti, "in maggioranza russi". Infatti, viene ricordato che il 90% della popolazione dell'Ossezia del Sud è composto da cittadini russi (infatti il governo di Putin ha riconosciuto la cittadinanza agli osseti che ne hanno fatto richiesta).

L'azione militare russa viene giustificata come "operazione pacificatrice", legittimata dalla norma della costituzione russa secondo la quale lo Stato deve farsi carico della sicurezza dei suoi cittadini.

Infine i comunisti russi criticano il comportamento unilaterale dei media internazionali che hanno dato attenzione alle città georgiane colpite senza mostrare gli effetti dell'attacco su Tskhinvali che era all'origine di tutta la tragedia.

domenica 24 agosto 2008

Bangladesh: 9° Congresso del Partito Comunista

Dal 7 al 9 agosto scorso si è tenuto a Dacca il 9° congresso del Partito Comunista del Bangladesh (CPB), una delle forze politiche di sinistra che operano nel Paese asiatico.

Il Bangladesh si trova in una difficile situazione politica a seguito del rinvio delle elezioni che erano previste nel gennaio 2008, ma sono state annullate perché non garantivano una trasparente e corretta gestione dello scrutinio. E' in carica un governo ad interim, guidato dal banchiere Fakhruddin Ahmed, che si basa soprattutto sull'appoggio dei militari, mentre il quadro politico è ancora lacerato dallo scontro tra il Partito Nazionale del Bangladesh e la Lega Awami, i due principali partiti che si rifanno entrambi alle forze che si sono battute per l'indipendenza del paese dal Pakistan. Alla guida dei partiti ci sono due donne, rispettivamente Begum Khaleda Zia e Sheik Hasina.

In un sistema politico di fatto bipolare ma con un crescente peso dei gruppi legati al fondamentalismo islamico, la Lega Awami è sempre stata considerata la forza politica più progressista e orientata alla difesa di uno Stato secolare. Dal 2006 al fine di costruire una ampia alleanza in grado di vincere le prossime elezioni ha sottoscritto accordi con partiti di destra e islamisti, tra cui il fondamentalista Khelafat Majlish.

In questa situazione il congresso comunista ha esaminato i problemi del paese, il ruolo del governo ad interim e delle diverse forze politiche, l'influenza degli Stati Uniti e la strategia politica da perseguire.

Per quanto riguarda il governo ad interim è stato criticato per gli aumenti dei prezzi di beni essenziali come benzina e diesel, e per le limitazioni alle libertà democratiche, in particolare dei diritti sindacali.

Il CPB ha confermato le proprie critiche anche alla politica delle alleanze perseguita dalla Lega Awami e la priorità data alla costruzione di una coalizione alternativa di sinistra. La bozza di documento politico disponibile sul sito web del partito ricorda che dal 1994 il Fronte Democratico di Sinistra e dal 1988 la più larga coalizione degli 11 partiti sono stati attivi nella costruzione di un polo di forze democratiche, secolariste, progressiste e di sinistra al di fuori della Lega Awami e del Partito Nazionale del Bangladesh. Queste coalizioni erano impegnate a seguire la tattica convergenza con altre forze democratiche pro-liberazione su questioni concrete (in pratica con la Lega Awami).

Alla fine del 2004 alcune delle organizzazioni partecipanti al Fronte Democratico di Sinistra e alla coalizione degli 11 partiti si sono allontanate da questa tattica. Le due fazioni del Partito Socialista del Bangladesh (BSD) hanno dichiarato di non voler partecipare a lotte comuni con la Lega Awami su nessuna questione. Dall'altro lato 7 partiti tra cui il Workers Party e il Gano Forum hanno deciso di formare una alleanza programmatica con la Lega.

Alcuni partiti di sinistra hanno partecipato alla alleanza dei 14 partiti guidata dalla Lega Awami e si sono poi trovati inseriti nella Grande Alleanza con forze fondamentaliste. I comunisti considerano questa scelta un errore.

In termini di strategia il CPB persegue una "trasformazione rivoluzionaria democratica con un orientamento socialista" Questa strategia viene perseguita con tre obbiettivi: costruire un polo alternativo di forze progressiste, democratiche, di sinistra fuori dall'orbita dei due grandi partiti borghesi, capace di assumere il potere statale; mobilitare le masse attorno a un programma anti-imperialista, patriottico, democratico, progressista; costruire la prevalenza delle forze di classe attraverso le lotte, soprattutto dei lavoratori.

Il Congresso ha rieletto i due leaders uscenti nelle rispettive cariche: il presidente Manjurul Ahsan Khan e il segretario generale Mjahidul Islam Selim. Inoltre è stato decise di introdurre una quota minima di un terzo per garantire la presenza delle donne negli organismi dirigenti a tutti i livelli.

Al congresso erano presenti invitati di 13 partiti comunisti prevalentemente asiatici, tra cui il PC Vietnamita, il PC Cinese, il PC Indiano (marxista), il PC Indiano, il PC dello Sri Lanka, l'All-India Forward Bloc, il PC Pakistano, il PC del Nepal (UML) e l'ambasciatore della Corea del Nord.

Il Partito Comunista del Bangladesh è stato fondato nel 1968, dalla separazione del settore orientale del PC Pakistano e ha assunto l'attuale denominazione al momento della liberazione del paese. Ha propri comitati nei 60 distretti del Bangladesh dove conta su 7.300 iscritti. Non è rappresentato in Parlamento.

venerdì 15 agosto 2008

La situazione politica in Georgia e i rapporti con la NATO

Sulla situazione politica georgiana, riprendo questo intervento di un dirigente del PC Unificato di Georgia dell'ottobre dell'anno scorso, che fornisce degli elementi di comprensioni sulle premesse che hanno portato all'attuale conflitto.

Tbilisi, 01/10/2007

La Georgia sta vivendo il periodo più difficile della sua storia. Le autorità della Georgia hanno peggiorato le loro relazioni con la Federazione Russa fino all’estremo. Non c’è alcuna speranza di miglioramento rapido di queste relazioni. Si continua ad aizzare il nostro popolo contro altri popoli. Tbilisi è preparata a dare una soluzione militare alla questione dell’integrità territoriale della Georgia, il che provoca conseguenze esattamente opposte: il risultato finale sarà la disintegrazione del paese, verrà ritardata di decenni la riconciliazione con i popoli fratelli abkhazo e ossetino, la destabilizzazione si estenderà a tutta la regione del Caucaso.

E’ possibile assicurare con certezza che i conflitti e i punti di tensione organizzati sul territorio dell’ex URSS sono stati il principali fattore di disintegrazione di questo grande paese, bastione della pace per tutto il pianeta. Nel territorio della Georgia vennero organizzati due di questi conflitti interetnici: Georgia-Abkhazia e Georgia-Ossezia. Questi focolai di conflitto permangono ancora oggi. Servono come pretesto per l’ingresso delle forze della NATO nella nostra regione.

La prima fase dell’intrusione della NATO nel Caucaso, e in particolare in Georgia, si è completata durante il governo di Shevarnadze. I centri del conflitto militare sono stati localizzati, ed è iniziata l’espulsione delle basi militari russe dal territorio georgiano, processo che ora si è praticamente completato.

La seconda fase è legata alla cosiddetta “Rivoluzione delle rose” del 2003. Sono arrivati al potere nemici ancora più accaniti della restaurazione di relazioni amichevoli con la Federazione Russa, tra i quali rappresentanti degli interessi degli USA e della NATO. Si è instaurato un regime dittatoriale, che ha rigidamente soppresso qualsiasi manifestazione contro l’avvicinamento alla NATO, contro la soluzione militare della questione dell’integrità territoriale e contro un peggioramento ancora più marcato delle relazioni russo-georgiane.

All’inizio di settembre dello scorso anno i poteri della Georgia hanno scatenato repressioni politiche senza precedenti. In 49 aree popolate sono state portate a termine “operazioni speciali” accompagnate dalla detenzione di una grande quantità di persone, attivisti del partito Giustizia, del Partito Comunista Unificato e di altri partiti dell’opposizione. Centinaia di persone sono state arrestate e interrogate in condizioni di pesantissima pressione morale e fisica per ottenere la confessione che stavano apprestandosi a preparare un colpo di stato armato. Tutta questa gente manifesta attivamente contro la politica interna ed estera antinazionale delle autorità. La principale colpa di questi cittadini risiede nell’aver reclamato un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, nell’aver rifiutato la politica di scontro con la Russia e l’intenzione di risolvere militarmente la questione sud ossetina e abkhaza. Usando tali metodi, le autorità georgiane intendevano bloccare la crescita del malcontento popolare, e privare di sostegno, isolare e neutralizzare le sinistre.

Le nuove autorità della Georgia sono sempre più impegnate nello sforzo di scalzare la Russia dal Caucaso del Sud, per favorire la conseguente penetrazione nella regione di USA e NATO. E’ una politica molto pericolosa, in considerazione dei fattori prima elencati e di altri come:

la crisi attorno all’Iraq, paese vicino alla nostra regione; il conflitto Armenia-Azerbaigian e le relazioni tradizionalmente complicate tra Armenia e Turchia, quest’ultima membro della NATO, e la prima alleato strategico della Federazione Russa. Le basi militari, liberate dai russi sono preparate a ricevere le forze armate della NATO. Il territorio della Georgia, con la sua infrastruttura militare, è oggi considerato dagli Americani come una delle basi principali per l’attacco armato all’Iran. Se ciò dovesse accadere, si produrrebbe una crisi ben oltre una dimensione regionale.

La regione sud caucasica è di grande interesse per USA e NATO a causa di molte ragioni. La principale di esse è la collocazione geopolitica della Georgia, tra le regioni meridionali della Russia e del Caucaso del Nord e le importanti risorse energetiche del Caspio. Tutti sappiamo da dove e come fu appoggiata la campagna cecena, che ha portato la Russia sull’orlo della disintegrazione. Il territorio della Georgia è stato usato intensamente per destabilizzare la situazione non solo in Cecenia, ma in tutta la striscia nord caucasica. Tutte queste dispute tra Tbilisi e Mosca, compresi i conflitti in Abkhazia e in Ossezia del Sud, sono solo manifestazioni dello scontro Russia-USA e Russia-NATO in questa regione, di cui i popoli georgiano e russo sono solo ostaggi.

Una direttrice speciale della politica degli USA e dell’Occidente nella nostra regione è quella collegata al tentativo di appropriarsi delle risorse energetiche del Caspio. Dopo il collasso dell’URSS, i ricchi giacimenti che erano proprietà di tutto il popolo e che servivano a garantire in ugual misura lo sviluppo economico delle 15 repubbliche dell’Unione, oggi si sono trasformati nell’obiettivo della rapacità di diverse grandi compagnie petrolifere occidentali.

E’ stato costruito e messo in funzione l’oleodotto Baku-Tbilisi-Erzerum (BTE). A questo progetto partecipano le più importanti compagnie occidentali e ciò determina l’enorme sostegno accordato dagli USA ai governi di Azerbaigian, Georgia e Turchia per la sua realizzazione.

Insieme al suo significato sul piano economico, l’oleodotto e il gasdotto del Caucaso meridionale ne assumono uno di carattere politico. Le autorità georgiane hanno insistito su questo elemento. Nell’occasione il presidente georgiano ha dichiarato che “la Georgia non fa parte dello spazio post-sovietico. Siamo orientati verso Occidente, siamo il principale alleato dell’Occidente, Turchia compresa”. Le condutture energetiche sono assi nella manica delle autorità della Georgia, che danno loro la possibilità di assumere comportamenti ostili verso la Russia, e questo rappresenta il maggiore pericolo di natura politica.

La Georgia è un importante punto chiave, da cui è possibile influire sui processi geopolitici della più importante regione del Caucaso Settentrionale e Meridionale. La politica filo-americana delle attuali autorità della Georgia è un serio ostacolo sulla strada della realizzazione pratica dei piani di avvicinamento politici ed economici dei tre alleati strategici della regione: Russia, Armenia e Iran. La Georgia gioca un ruolo molto negativo, bloccando i processi di integrazione nell’ambito della cooperazione tra stati indipendenti. Tenendo in considerazione i fattori elencati precedentemente, risulta evidente perché “nel contesto dei compiti e degli interessi della NATO, la Georgia si trova a giocare un attivo ruolo nella stabilizzazione e nella sicurezza della regione”, come ha dichiarato il Segretario Generale della NATO. In Georgia si crea sistematicamente un “caos controllato” in accordo con i piani occidentali. I conflitti in Abkhazia e Ossezia servono come occasione per una maggiore penetrazione degli USA e della NATO nella regione. Si fa di tutto per screditare le forze di pacificazione della CSI, rappresentate dai soldati russi. L’aspirazione delle autorità della Georgia è di sostituire le forze di pace russe con quelle della NATO. Disgraziatamente, la Russia, contro cui è diretto il “caos controllato”, in quanto unica superpotenza in grado di competere realmente con USA e NATO, si vede costretta a cedere l’iniziativa e ad operare in condizioni di fatto compiuto.

Quest’anno il Congresso USA ha alla fine ratificato la legge sull’ingresso dell’Ucraina e della Georgia nella NATO. “Il Congresso degli USA invita i suoi alleati della NATO a lavorare con gli USA per la realizzazione del ruolo che la NATO gioca nel progresso della sicurezza globale, e, nella prospettiva del suo allargamento, ad accettare come nuovi membri dell’alleanza gli stati che ne sono degni, e in particolare a connettere la Georgia al piano di appartenenza alla NATO…”, si legge nel testo del documento approvato. Con questo proposito, sono stati accordati per il 2008 stanziamenti specifici per l’assistenza militare alla Georgia.

Senza dubbio gli altri membri appoggeranno le pretese degli USA di agganciare la Georgia all’alleanza al più presto possibile. Il segretario generale ha affermato il 10 febbraio di quest’anno alla conferenza sulla sicurezza di Monaco: “Nel 2009 mi auguro di vedere più paesi nella NATO. Mi auguro che la Serbia continui la sua strada verso la NATO. Mi auguro anche che tutti rispettiamo e prendiamo in considerazione il desiderio della Georgia e dell’Ucraina di trasformarsi in membri dell’Alleanza”.

Ringalluzzito da questa dichiarazione, il presidente della Georgia Saakashvili non presta attenzione all’atteggiamento negativo della Russia nei confronti dell’espansione della NATO, in special modo quando riguarda i paesi della CSI, e fa la seguente provocatoria dichiarazione: “Questo è un segno aggiuntivo dell’irreversibilità dell’integrazione della Georgia nella NATO…”; “Ancora una volta testimonia del fatto che nessuno può impedire l’entrata della Georgia nella NATO…” “per noi ciò significa che ci trasformeremo in membri permanenti della più forte alleanza politico-militare della storia. E’ questo che sogna la Georgia da molto tempo…”

Ma ancora più pericoloso è il fatto che non solo sono state fatte dichiarazioni, ma si sono compiuti passi concreti per creare le condizioni per l’ingresso delle forze della NATO nel territorio della Georgia. Una delle direttrici di questa politica è rappresentata dall’intenso incremento delle spese per la difesa, sullo sfondo delle dure condizioni sociali ed economiche che si sono create nel paese.

La Georgia sta aumentando rapidamente il suo potenziale difensivo. Il parlamento ha intenzione di incrementare gli esborsi per l’esercito di 200 milioni di dollari. Quest’anno si supereranno per la prima volta i 600 milioni di dollari, investendo più di un terzo del bilancio annuale del paese. Oltre a ciò verrà creato un nuovo centro di addestramento per reparti speciali del Ministero della difesa della Georgia nella periferia di Tbilisi.

E’ in programma l’aumento del numero degli appartenenti alle forze armate, fino a 32.000 persone. Ciò significa la formazione di una brigata aggiuntiva di 2.500 soldati, dotati di equipaggiamento militare occidentale.

Il livello di militarizzazione della piccola e povera Georgia è tale da richiamare l’attenzione anche degli esperti occidentali, che hanno focalizzato l’attenzione sul fatto che l’aumento previsto delle spese militari raggiungerà il 4-4,5%, che è superiore al livello richiesto dalla NATO alla Georgia per il suo ingresso nella NATO.

Il fattore Abkhazia e Ossezia del Sud influisce molto sull’ingresso della Georgia nella NATO.

Si tratta delle regioni che, separate dalla Georgia post-sovietica, corrono ora il rischio di unirsi alla Russia. Queste regioni non appoggiano l’avvicinamento di Tbilisi alla NATO. Ci preoccupano i preparativi di guerra prima descritti, poiché essi sono diretti a dare soluzione militare al problema della loro annessione al governo della Georgia, e a garantire la penetrazione dell’influenza americana in questi territori. In mancanza di questo, l’entrata delle forze armate della NATO in Georgia andrebbe incontro a molte complicazioni. Il presidente della Georgia non nasconde, ma dichiara pubblicamente la possibilità di una nuova campagna militare contro le regioni “separatiste” di Abkhazia e Ossezia del Sud.

Le fondamenta politiche, come pure quelle finanziarie e industriali, per la realizzazione della politica aggressiva dell’Occidente nel Caucaso sono state gettate. Uno degli elementi politici principali è rappresentato dal governo filo-americano della Georgia, mentre il ruolo finanziario è assolto dalle grandi compagnie petrolifere occidentali, che hanno colonizzato densamente le regioni del Caucaso e del Mar Caspio. Ci troviamo di fronte ad uno principali bastioni del “Nuovo Ordine Mondiale” proclamato dai moderni imperialisti.

Solo l’unificazione di tutti gli sforzi dei popoli del Caucaso, compresi quelli russo, turco e iraniano, solo l’alleanza di tutte le forze progressiste di questi paesi possono impedire che si realizzino i piani “globalisti” di subordinazione degli interessi del nostro popolo a tali interessi privati.

Temur Pipia
Segretario del Partito Comunista Unificato di Georgia

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

giovedì 14 agosto 2008

Momento difficile per la sinistra colombiana

Gli sviluppi recenti della situazione politica colombiana hanno creato una situazione difficile per le varie componenti della sinistra, in particolare per la principale organizzazione guerrigliera, le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC),attive dalla metà degli anni '60.

Le FARC negli ultimi mesi hanno subito una serie di sconfitte. Dapprima l'assassinio di due componenti del Segretariato Generale, Raul Reyes e Ivan Rios. Il primo rimasto ucciso a seguito di un bombardamento aereo delle forze armate colombiane sul campo in cui si trovava alla frontiere con l'Ecuador. Il secondo è stato assassinato dai guerriglieri che erano stati assegnati alla sua guardia del corpo attratti dalle colossali cifre messe come taglia sulle testa dei comandanti guerriglieri sia dal governo colombiano di estrema destra che da quello statunitense.

Successivamente l'esercito colombiano è riuscito a liberare Ingrid Betancourt ed altri ostaggi detenuti dalle FARC, tra cui tre mercenari americani (contractors), e destinati, secondo l'organizzazione guerrigliera, ad imporre un scambio umanitario grazie al quale ottenere la liberazione di dirigenti e militanti dell'organizzazione insurrezionale attualmente detenuti.

Altri colpi li hanno ricevuti con la diserzione della "Comandante Karina" (Nelly Avila Moreno) la più importante dirigente femminile e con la scomparsa del leggendario leader storico Manuel Marulanda.

Meno verificabili sono altre informazioni fornite dal governo colombiano sulle diserzioni, i morti in combattimento e i prigionieri che avrebbero indebolito le FARC. Si entra qui in un ambito dove è difficile individuare il confine tra la verità e la propaganda.

Gli osservatori, quelli ostili come quelli più neutrali si interrogano sul futuro dell'organizzazione politico-militare. Vi è chi considera probabile un processo di disgregazione, con i vari fronti sempre più isolati fra loro, senza più una vera guida politica e ideologica. Alcuni sopravviverebbero grazie agli introiti derivanti dalla tassazione della produzione e del commercio di cocaina degenerando in forme di banditismo.

Altri più prudenti ricordano che le FARC sono sopravvissute a molti momenti difficili sul piano politico come su quello militare. Soprattutto sottolineano che restano irrisolti gran parte de problemi economici e sociali, oltre politici, che travagliano da decenni la Colombia e che sono all'origine del formarsi e del radicarsi delle organizzazioni guerrigliere.

Da tempo una parte della sinistra colombiana e internazionale si interroga sulla praticabilità della strategia armata in Colombia, dato che non sembra credibile una conquista del potere sul modello cubano o sandinista. Lo stesso Presidente Venezuelano Hugo Chavez, che pure si è speso personalmente per aprire una fase di trattativa e di confronto in Colombia, ha recentemente dichiarato che non vi sono più ragioni per tenere in piedi una organizzazione armata in questa fase storica.

L'obbiettivo immediato delle FARC è di essere risconosciute come soggetto belligerante, mentre per gli Stati Uniti e l'Unione Europea si tratterebbe solo di una "organizzazione terroristica". Sembra difficile che da una possibile riapertura di una prospettiva di pace, che pure sarebbe utile al Paese, possa scaturire quel processo di rinnovamento politico e sociale in direzione del socialismo che è l'obbiettivo dichiarato delle FARC. Si tratterà di vedere se con il nuovo leader, Alfonso Cano, e i nuovi dirigenti inseriti nella Segreteria, le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia riusciranno a sottrarsi alla stretta repressiva e contemporaneamente formulare una nuova strategia.

Una parte della sinistra internazionale ha criticato anche alcune delle scelte compiute dall'organizzazione guerrigliera. In particolare il ricorso ai sequestri di persona. Una critica in tal senso è venuta anche da Fidel Castro che l'ha espressa in una delle riflessione che invia alla stampa cubana.

Da parte sua, la sinistra legale si è unita nel dicembre del 2005, all'interno del Polo Democratico Alternativo, che nelle ultime elezioni presidenziali ha ottenuto il 22%. Il PDA era nato dalla confluenza di due diverse coalizioni:

*il Polo Democratico Indipendente, che raccoglieva le componenti più moderate, guidate da ex guerriglieri dell'M-19 (nazionalista di sinistra) come Antonio Navarro e Gustavo Petro, e dal leader dell'ANAPO e ora sindaco di Bogota Samuel Moreno.

*le componenti più radicali della sinistra, tra cui il Partito Comunista Colombiano, si erano unite invece in Alternativa Democratica.

Ora sembra che le due componenti originarie si stiano nuovamente dividendo sulla questione della alleanze politiche. La componente più moderata è favorevole ad una alleanza con il Partito Liberate, uno dei due partiti storici attorno a cui ha gravitato fino a qualche anno la politica colombiana. Inoltre un parte del settore moderato vorrebbe rompere con le componenti più radicali, ritenendo in questo modo di poter raccogliere maggiori consensi in altri settori della società colombiana.

La possibile rottura potrebbe avere ripercussioni negative sulle prossime elezioni presidenziali del 2010.

mercoledì 6 agosto 2008

Tre documenti si contrappongono nel congresso di Izquierda Unida


Fallito il tentativo di presentare un documento unitario che superasse le divisione all'interno della coalizione della sinistra alternativa spagnola, gli iscritti di Izquierda Unida dovranno scegliere tra tre documenti.

Il dibattito è particolarmente difficile a causa delle divisioni che hanno attraversato la coalizione negli ultimi anni e del pessimo risultato elettorale della primavera scorsa che ha ridotto la rappresentanza parlamentare di IU ad un solo deputato.

La componente guidata dal leader uscente Gaspar Llamazares, che ha già annunciato che non intendere succedere a se stesso, ha presentato un documento intitolato "Per un processo costituente per una Izquierda Unida aperta". Fra i principali sostenitori di Llamazares vi sono Rosa Aguilar, sindaco della città di Cordoba, e Javier Madrazo leader della organizzazione basca.
I sostenitori di Llamazares dispongono di un blog.

Una parte della maggioranza uscente che ha governato la coalizione ha deciso di presentarsi al Congresso con un proprio documento cercando di evitare che la contrapposizione all'interno di IU apra la strada ad una spaccatura tra le sue principali componenti, i cosiddetti Llamazaristi, di tendenza ecosocialista, e il Partito Comunista (PCE). Il loro documento si chiama "Crediamo nel futuro di Izquierda Unida". I principali firmatari sono Angel Perez, dirigente della federazione madrilena, Joan Josep Nuet, dirigente di primo piano della componente catalana Esquerra Unida y Alternativa (EUyA) ed anche del Partito Comunista Catalano, vecchia scissione filosovietica del PC Spagnolo. Anche questa componente dispone di un blog.

Infine la tendenza più radicale è quella raggruppata attorno al Partito Comunista guidato da Francisco Frutos. La sua mozione si intitola "Per una Izquierda Unida, anticapitalista, repubblicana, federale e alternativa, organizzata come movimento politico e sociale". Questa componente presenta le sue idee in un proprio blog.

La Commissione unitaria che ha il compito di gestire il percorso congressuale ha definito il numero degli iscritti che avranno diritto al voto. Gli aderenti riconosciuti sono 48.318 anche se non sono mancate le polemiche su questo dato, contro i 70.000 della precedente Assemblea Federale. Le federazioni maggiori sono l'Andalusia con oltre 16.000 membri, Madrid con oltre 10.000, le Asturie con 4.600, l'EUyA catalana con 3.700, il Paese Valenziano con 3.400.

Il Congresso si terrà nel prossimo mese di novembre.

domenica 1 giugno 2008

Iniziativa per l'unità della sinistra palestinese

Il sito del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina annuncia che lo stesso FPLP, il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina e il Partito del Popolo Palestinese (ex Partito Comunista)intendono costituire un Fronte della Sinistra Palestinese. Una scelta che può essere importante per far recuperare un ruolo politico a queste forze, negli ultimi anni marginalizzate in misura crescente dalla polarizzazione tra Al Fatah e Hamas. Riportiamo il testo in inglese del comunicato:

On May 29, 2008, three Palestinian Left organizations, the Popular Front for the Liberation of Palestine, the Democratic Front for the Liberation of Palestine, and the Palestine People's Party, announced the inception of a Palestinian Left Front.

The aim of this initiative is to move discussion and dialogue into action in order to unite the Palestinian Left, and emerged after a series of dialogues in the West Bank, Gaza, and Damascus.

The next step in the initiative, the organizations announced, is to hold new dialogues open to more forces and participants, and to prepare new documents to present a united Palestinian left program in confrontation of occupation, engaging in the social and democratic Palestinian struggle, and raising the interests of the working and impoverished classes.

martedì 20 maggio 2008

Intervista di Liberazione ad Alexis Tsipras del Synaspismos

19/05/2008 - Il Synaspismos è una forza politica della sinistra alternativa greca, nata dalla confluenza della corrente "eurocomunista" con settori del KKE (PC greco) che avevano rifiutato il ripiegamento settario di questo partito nei primi anni novanta, e di altri militanti socialisti, ecologisti e dei nuovi movimenti di lotta. Tra le nuove generazioni il consenso del Synaspismos è in aumento e attualmente arriva quasi al 20%. L’apertura ai movimenti comincia a dare importanti frutti e viene evidenziato anche in forma simbolica dall’elezione del nuovo presidente che diventa il più giovane leader politico greco. Il Congresso del Synaspismos ha anche confermato la costruzione del “Syriza”, la coalizione della sinistra radicale con cui si è presentato alle ultime elezioni, che cerca di unire la varie forze alternative greche.

Una prima domanda aperta. Sei stato appena eletto Presidente del Synaspismos: cosa pensi di fare, quali sono i vostri progetti per la Grecia, considerando che i sondaggi danno il Synaspismos in piena crescita (mentre il Pasok di contro ha vinto con un ristretto margine) ?
Certe priorità le impone la vita stessa. Cosi , in questa fase nella quale il governo svende la maggior parte di ciò che è pubblico e commercializza i beni comuni e quelli sociali - ma anche infrastrutture pubbliche come l’ ente delle telecomunicazioni (OTE), i porti, gli aeroporti , l’Olympic Airways - il partito SYNASPISMOS stabilisce, come suo obiettivo precipuo d’azione, quello di contrastare questi progetti. Il nostro gruppo parlamentare sta lottando nel parlamento greco proprio in questa direzione. La nostra gente e i membri del partito cercano di organizzare, insieme alle altre forze politiche extraparlamentari, dei nuclei di resistenza in ogni posto di lavoro .
Il terreno è adatto perchè, dopo quasi 15 anni di egemonia completa delle enfasi sul mercato libero che sono state ispiratrici sia della NEA DIMOGRAZIA (Il partito di governo di destra)che anche del PASOK(partito socialista), la gente riscopre il valore dei beni comuni.
Questo è riscontabile anche nelle empasse amministrative dei governi, la corruzione ed il modo vorace ed spregiudicato di governare della destra che cerca di saccheggiare tutto ciò che è pubblico.
20 anni fa abbiamo visto che l’orientamento prevalente della gente verso valori quali il socialismo, il pubblico, il collettivo era prevalentemente negativo ,ora assistiamo ad un processo inverso poichè tocca al libero capitalismo ,al bene privato, alla concorrenza , dimostrare di avere la stessa fortuna di allora. Sempre più vasti pezzi di società si accorgono di quanta finzione si celi dietro alle categorie neoliberiste.
Inoltre sappiamo che oggi gli stati capitalisti tendono a recuperare un certo tipo di statalismo per salvare I profitti del loro capitale. Questo la gente lo sta comprendendo. Allo stesso tempo dobbiamo affrontare anche l’ondata di carovita e speculazione: di fatto si tratta di uno vero e proprio tsunami di aumenti dei beni di prima necessità. Perciò il nostro obiettivo è quello di svilluppare quanto realizzato nelle esperienze di ricerca internazionali, come ad esempio quella italiana. Purtroppo in Grecia non abbiamo una coscienza anticonsumistica svilluppata, un dato di fatto che deve cambiare. Si deve costruire ex novo un modo diverso di organizzare la rivendicazione quotidiana. La nostra priorità è di utilizzare al meglio il potenziale positivo di popolarità che c’è oggi intorno a noi, per valorizzare le nostre organizzazioni e attivare un contatto più stretto con la gente che si è avvicinata a noi, ma anche con tutti coloro che ci stanno conoscendo per la prima volta e spesso vivono nelle aree provinciali.

Puoi spiegarci quali sono le ragioni della crescita del vostro consenso, in particolare tra i giovani che hanno condiviso le vostre battaglie sociali ?

SYNASPISMOS, negli ultimi 3-4 anni, ha realizzato quello che noi chiamiamo “la svolta di Sinistra”. Una delle nostre caratteristiche, come partito, è quella dell’attivismo .
Abbiamo mirato, e in misura considerevole ci siamo riusciti, a collaborare con altre forze politiche come quelle della sinistra extraparlamentare. Il punto cruciale
che abbiamo dovuto affrontare è stato quando , nell’anno accademico 2007, ci sono stati mesi di sciopero e manifestazioni per bloccare la riforma universitaria che il governo voleva varare. La legge è stata approvata dal Parlamento , ma non si è mai applicata: la lotta degli studenti - che è stata violentemente attaccata dal governo, dalle forze di polizia e dalle reti televisive - ha potuto infatti annullare la Riforma della Costituzione. Tale riforma sarebbe stata un grande passo indietro. Tutto cio è successo perchè anche il PASOK, nonostante il fatto che il suo presidente G.Papandreou fosse favorevole alla Riforma universitaria, è stato costretto a ritirarsi dalla Revisione Costituzionale.
Noi ,cioe SYNASPISMOS o SYRIZA (la coalizione di Sinistra), non sosteniamo che tutta la contestazione sia stata “dei nostri” ma ritieniamo che la nostra forza politica sia stata quella che ha di fatto sostenuto la lotta sia con le manifestazioni che nel parlamento e quindi a livello politico centrale.
Inoltre ,come partito, abbiamo criticato il concetto di ”political correct” che le forze politiche sovrane hanno imposto e soprattutto analizziamo con molta attenzione le nuove contraddizioni ed esclusioni che emergono a livello sociale. Sappiamo che il sistema del consenso politico greco opera molto per il bipolarismo e noi ci sforziamo di fronteggiare il più possibile questa tendenza. Abbiamo visto che tanta gente ,per lo più giovani, respingono le forze politiche del sistema ed i suoi processi e vanno in cerca di nuove forme collettive di resistenza e di azione.
Questa è anche la nostra scommessa.

Il Sinaspismos è uno dei partiti membri più attivi della Sinistra europea, con rifererimento ai temi del lavoro e della precarietà, dei salari e sulle questioni sociali in generale.Quali sono le priorità politiche dell’agenda di Sinistra europea per l’anno che ci separa dall’appuntamento elettorale europeo del 2009 ?

I governi di destra e centro destra cercano di far fronte alla crisi economica mondiale ,informandoci dei danni che ha subito il sistema finanziario e il capitale.
Allo stesso tempo tentano di impostare un nuovo, e sempre più duro, stato di sfruttamento lavorativo, che colpisce non solo i giovani, il lavoro precario, ma tutte le categorie dei lavoratori. La crisi alimentare e la fame non sono ancora un problema europeo , ma il modo con il quale tali emergenze vengono gestite mostra i limiti del sistema.
E’ un ritorno al diciannovesimo secolo: tutto ciò innesca conflitti sociali nei quali la Sinistra Europea deve esprimersi politicamente, sia a livello locale che paneuropeo.
Dobbiamo accellerare e rinforzare la nostra collaborazione tra partiti e movimenti e scoprire nuove forme d’ azione. Il nostro punto di forza è la presenza nelle strade e negli spazi sociali pubblici.

Puoi spiegarci quali sono le ragioni della crescita del vostro consenso, in particolare tra i giovani che hanno condiviso le vostre battaglie sociali ?

SYNASPISMOS, negli ultimi 3-4 anni, ha realizzato quello che noi chiamiamo “la svolta di Sinistra”. Una delle nostre caratteristiche, come partito, è quella dell’attivismo .
Abbiamo mirato, e in misura considerevole ci siamo riusciti, a collaborare con altre forze politiche come quelle della sinistra extraparlamentare. Il punto cruciale
che abbiamo dovuto affrontare è stato quando , nell’anno accademico 2007, ci sono stati mesi di sciopero e manifestazioni per bloccare la riforma universitaria che il governo voleva varare. La legge è stata approvata dal Parlamento , ma non si è mai applicata: la lotta degli studenti - che è stata violentemente attaccata dal governo, dalle forze di polizia e dalle reti televisive - ha potuto infatti annullare la Riforma della Costituzione. Tale riforma sarebbe stata un grande passo indietro. Tutto cio è successo perchè anche il PASOK, nonostante il fatto che il suo presidente G.Papandreou fosse favorevole alla Riforma universitaria, è stato costretto a ritirarsi dalla Revisione Costituzionale.
Noi ,cioe SYNASPISMOS o SYRIZA (la coalizione di Sinistra), non sosteniamo che tutta la contestazione sia stata “dei nostri” ma ritieniamo che la nostra forza politica sia stata quella che ha di fatto sostenuto la lotta sia con le manifestazioni che nel parlamento e quindi a livello politico centrale.
Inoltre ,come partito, abbiamo criticato il concetto di ”political correct” che le forze politiche sovrane hanno imposto e soprattutto analizziamo con molta attenzione le nuove contraddizioni ed esclusioni che emergono a livello sociale. Sappiamo che il sistema del consenso politico greco opera molto per il bipolarismo e noi ci sforziamo di fronteggiare il più possibile questa tendenza. Abbiamo visto che tanta gente ,per lo più giovani, respingono le forze politiche del sistema ed i suoi processi e vanno in cerca di nuove forme collettive di resistenza e di azione.
Questa è anche la nostra scommessa.

Il Synaspismos è uno dei partiti membri più attivi della Sinistra europea, con rifererimento ai temi del lavoro e della precarietà, dei salari e sulle questioni sociali in generale.Quali sono le priorità politiche dell’agenda di Sinistra europea per l’anno che ci separa dall’appuntamento elettorale europeo del 2009 ?

I governi di destra e centro destra cercano di far fronte alla crisi economica mondiale ,informandoci dei danni che ha subito il sistema finanziario e il capitale.
Allo stesso tempo tentano di impostare un nuovo, e sempre più duro, stato di sfruttamento lavorativo, che colpisce non solo i giovani, il lavoro precario, ma tutte le categorie dei lavoratori. La crisi alimentare e la fame non sono ancora un problema europeo , ma il modo con il quale tali emergenze vengono gestite mostra i limiti del sistema.
E’ un ritorno al diciannovesimo secolo: tutto ciò innesca conflitti sociali nei quali la Sinistra Europea deve esprimersi politicamente, sia a livello locale che paneuropeo.
Dobbiamo accellerare e rinforzare la nostra collaborazione tra partiti e movimenti e scoprire nuove forme d’ azione. Il nostro punto di forza è la presenza nelle strade e negli spazi sociali pubblici.

pubblicato su Liberazione di sabato 17 maggio 2008

domenica 18 maggio 2008

La Sinistra Europea in Israele e Palestina

A fine aprile la Sinistra Europea ha inviato una delegazione in Israele e Palestina che ha incontrato diverse forze politiche e sociali. Da segnalare la presenza nella delegazione di Hassan Charfo, responsabile esteri del PC di Boemia Moravia, esponente della componente ortodossa del partito e autore di diversi interventi ostili alla Sinistra Europea. Riporto qui alcuni stralci del resoconto riferito sul sito di Rifondazione Comunista:

Lo scorso 28 aprile si è conclusa la prima delegazione ufficiale del Partito della Sinistra Europea in Palestina e Israele, guidata da Fabio Amato – Responsabile Esteri di Rifondazione Comunista e membro dell’esecutivo della Sinistra Europea. Gli altri membri che hanno partecipato sono: Hassan Charfo – Responsabile del Dipartimento Esteri del Partito Comunista della Moldava e Bohemia e Membro dell’Esecutivo della Sinistra Europea (Repubblica Ceca), Martin Herberg, Ufficio di Bruxelles della Sinistra Europea e Nora Schuttpelz, Delegazione GUE/NGL del Parlamento Europeo – Die Linke (Germania), Nikos Tsoukalis – Membro del Parlamento Greco, Synaspismos (Grecia), Inger V. Johansen – Membro dell’esecutivo dell’Alleanza Rosso/Verde e tra le coordinatrici del NELF (Danimarca) e Teresa Maisano del Dipartimento Esteri del PRC (Italia).

La delegazione segna un ulteriore passo avanti nel percorso congiunto cominciato dalle forze della sinistra palestinese, israeliana ed europee. Un percorso che è iniziato alcuni mesi fa e che ha visto la sua tappa più significativa proprio in questa delegazione. (...)

Ecco di seguito il comunicato stampa prodotto dall’incontro congiunto:

Una delegazione ufficiale del Partito della Sinistra Europea ha incontrato Mohammed Naffa, Segretario Generale del Partito Comunista d’Israele (PCI) e Aida Touma, Responsabile del Dipartimento Esteri del CPI. Entrambe le delegazioni hanno discusso e concordato che:

1. Condannano con forza l’escalation di attacchi in Cisgiordania e Striscia di Gaza condotti dall’esercito israeliano. Entrambi richiedono la fine dell’assedio di Gaza a opera del governo israeliano, che sta punendo collettivamente la popolazione civile della Striscia di Gaza in violazione con quanto enunciato dalla 4° Convenzione di Ginevra e dal Diritto Internazionale.

2. Entrambe le delegazioni hanno dichiarato che non vi può essere un negoziato di pace sostenibile se il governo israeliano non procede a congelare la sua attività di espansione e allargamento delle colonie volte a consolidare l’irreversibilità dei fatti sul terreno. Dopo la Conferenza di Annapolis, elogiata dall’amministrazione USA quale passo concreto verso la pace, l’allargamento degli insediamenti non ha cessato, tra gli altri quelli a Gerusalemme Est, sempre più isolata dalla sua sfera palestinese.

3. Entrambe le delegazioni hanno deciso di rafforzare i propri legami attraverso diversi canali di comunicazione e solidarietà. Dall’incontro congiunto è scaturita l’esigenza di rafforzare la cooperazione tra le forze della sinistra in Europa e Israele per poter offrire una concreta alternativa al processo di riarmo della regione, alla guerra preventiva, al piano NATO di un “Grande Medio Oriente”, alle politiche neoliberiste, alla mancanza di coesione sociale e all’attuale crisi economica. Entrambe le delegazioni hanno concordato che per raggiungere questi obiettivi è necessario stimolare i rapporti con i movimenti sociali e pacifisti, con la società civile, e lottare per la giustizia sociale, per una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese, in grado di dar vita a uno Stato Palestinese sostenibile così come definito dalle Risoluzioni delle Nazioni Unite, sui confini del ’67 con Gerusalemme Est come capitale affianco dello Stato di Israele.

4. La delegazione della Sinistra Europea ha espresso la sua solidarietà per la lotta portata avanti da molti israelo-palestinesi per l’ottenimento di eguali diritti all’interno della società israeliana, e apprezza il fatto che le azioni israelo-palestinesi inizino ad incidere con più efficacia all’interno della società israeliana. Una menzione speciale è stata fatta in merito al Diritto al Ritorno (regolato dalla risoluzione delle Nazioni Unite 194) dei rifugiati palestinesi.

5. In conclusione entrambe le delegazioni hanno concordato sull’esigenza di organizzare, il prima possibile, per porre fine al conflitto una conferenza internazionale sotto gli auspici delle Nazioni Unite che veda la partecipazioni di tutti gli attori coinvolti per poter così raggiungere uno soluzione definitiva basata sulla Risoluzione delle Nazioni Unite.

(...) La delegazione ha incontrato esponenti dei movimenti delle donne ed ha evidenziato la centralità del loro ruolo contro l’occupazione, determinato e forte.
Infine l’incontro con un giovane economista che ha spiegato chiaramente la non sostenibilità economica dell’occupazione per la società israeliana. Ma ha anche fatto un appello chiaro all’Europa: non lasciate che Israele rimanga impunita. Rendetela “accountable” per le violazione che attua. Se la Commissione Europea finanzia le ong europee per progetti di sviluppo o emergenza nei territori palestinesi e il governo israeliano bombarda il frutto di tali progetti, sia esso un pozzo, una scuola, una clinica, fate pressioni sui vostri governi e su Bruxelles affinché invece di stanziare nuovi soldi per la ricostruzione Israele paghi per quanto distrutto.


La delegazione ha poi incontrato congiuntamente le cinque forze della Sinistra palestinese. Anche con loro il confronto è stato approfondito e ricco di spunti. Un passo importante per la Sinistra Europea e per le forze della Sinistra palestinese. (...)

Di seguito il comunicato stampa congiunto prodotto che spiega chiaramente e nel dettaglio quanto concordate:

La delegazione ufficiale del Partito della Sinistra Europea durante la sua missione in Palestina ha tenuto una serie di incontri con una delegazione composta da rappresentanti delle 5 forze della sinistra palestinese (Fronte Popolare, Fronte Democratico, Partito del Popolo, Al Mubadara e FIDA). Le due delegazioni hanno concordato sui seguenti punti:

1. La delegazione della Sinistra Europea ha sottolineato la sua solidarietà con la lotta del popolo palestinese per i propri legittimi diritti nazionali, in particolare il diritto all’autodeterminazione. La delegazione ha condannato fortemente la politica aggressiva dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi, che si manifesta nella veloce espansione degli insediamenti, nel saccheggio della terra, nella costruzione del muro dell’apartheid, nell’imposizione di un assedio ingiusto e continuato sulla Striscia di Gaza, nella costruzione di centinaia di barriere che restringono i movimenti dei palestinesi aumentandone la sofferenza, nell’isolamento della città di Gerusalemme dalla sua sfera palestinese, cosi come con gli arresti di migliaia di palestinesi, gli attacchi e le incursioni militari, il bombardamento della aree residenziali e gli omicidi mirati. La delegazione palestinese esprime la sua gratitudine ed il suo apprezzamento per il sostegno e la solidarietà delle forze della Sinistra Europea alla lotta dei palestinesi per la loro liberazione nazionale.

2. Le due delegazioni hanno enfatizzato come la sicurezza e la stabilità della regione e più in generale la pace nel mondo, richiedono la fine dell’occupazione israeliana e l’adempimento di una soluzione definitiva ed esaustiva del conflitto, basata sulle risoluzioni delle Nazioni Unite, che garantiscono il ritiro di Israele entro i confini del 4 giugno del 1967, lo smantellamento degli insediamenti, l’istituzione dello Stato della Palestina, pienamente indipendente e sovrano con Gerusalemme Est come capitale, la soluzione al problema dei rifugiati in accordo con la risoluzione 194 che garantisce il diritto al ritorno. I palestinesi stanno commemorando il 60° anniversario della Nakba (Catastrofe del 1948), la delegazione della Sinistra Europea ha espresso il proprio rispetto per la determinazione di milioni di rifugiati palestinesi sradicati dalle proprie case e il loro desiderio di farvi rientro. La delegazione ha inoltre espresso sostegno alla legittimità di questo diritto umano, e al bisogno di riconoscerlo come elemento indispensabile per qualsiasi soluzione dei conflitti della regione.

3. Le due parti credono che il processo di negoziato lanciato dalla Conferenza di Annapolis lo scorso autunno, si sia risolto in realtà in un circolo vizioso che sta portando ad un vicolo cieco. La principale ragione di questa situazione è che il governo israeliano non adempie ai propri obblighi, accelerando l’attività di espansione degli insediamenti e attaccando la popolazione palestinese. La collusione e la continua difesa delle azioni del governo israeliano che violano sistematicamente la legalità internazionale, da parte dell’amministrazione USA, ed il ruolo statico del Quartetto che è incapace di garantire l’adempimento da parte di Israele dei requisiti stabiliti per il raggiungimento della pace costituiscono un ulteriore ostacolo. Le due parti concordano che quanto sopra espresso sottolinea l’esigenza di realizzare una conferenza internazionale con pieno mandato, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, nella quale tutti gli attori internazionali possano partecipare collettivamente, con lo scopo di implementare le risoluzioni delle Nazioni Unite. Noi crediamo che questa conferenza internazionale costituisca la migliore formula in grado di raggiungere una soluzione del conflitto nella regione. Le due parti hanno inoltre richiesto che vi sia una forza internazionale temporanea di protezione della popolazione palestinese, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, propedeutica alla fine dell’occupazione.

4. Le due parti credono che la situazione richiede all’Unione Europea di assumere una posizione più efficace e determinata contro le violazioni del governo israeliano, di affermare la propria indipendenza dalle posizioni dell’amministrazione statunitense, per porre fine al monopolio di Washington sui processi di pace, e di agire affinché venga garantita una più larga ed effettiva partecipazione internazionale per porre fine all’arroganza e intransigenza del governo israeliano. La delegazione europea ha ribadito che il Partito della Sinistra Europea e tutti i suoi componenti rafforzeranno i propri sforzi su vari livelli per rettificare la politica dell'UE, affinché sia equilibrata e conforme alla legalità internazionale, in sostegno della lotta della popolazione palestinese contro l'aggressione del governo israeliano e l'indifferenza della comunità internazionale, per il rispetto del diritto internazionale. Le due parti hanno deciso di fare un appello affinché ci sia "un'Europa senza NATO", cosi come hanno ribadito la loro ferma opposizione alla strategia del "Grande Medio Oriente".

5. Le due parti credono che la divisione interna palestinese stia infliggendo seri danni alla causa palestinese e al suo status a livello internazionale. Agire per superare queste divisioni è oggi una priorità per ristabilire e promuovere l'unita dei palestinesi contro l'occupazione. La delegazione della Sinistra Europea ha espresso il proprio apprezzamento e sostegno agli sforzi compiuti dalle forze della sinistra palestinese, volti a creare le condizioni per un rilancio di un dialogo nazionale inclusivo per porre fine alla divisione, ristabilendo l'unita sulla base della democrazia e del rispetto dei diritti umani, per raggiungere una soluzione pacifica e democratica alla crisi interna palestinese. La delegazione europea ha inoltre espresso la sua soddisfazione per il successo della sinistra palestinese, insieme a quella di altre forze, ONG, e importanti personalità indipendenti, nel formulare una iniziativa congiunta in grado di definire i lineamenti della soluzione alla divisione interna che dovrebbe cominciare con il ristabilire a Gaza la situazione esistente prima del 14 Giugno 2007, la formazione di un governo ad interim in grado di preparare nuove elezioni presidenziali e legislative sulla base di un sistema rappresentativo interamente proporzionale, e attivando meccanismi accordati durante il dialogo del Cairo (Marzo 2005) per lo sviluppo e attivazione delle istituzioni dell'OLP, con la partecipazione di tutte le forze politiche palestinesi, attraverso elezioni democratiche per il Consiglio Nazionale Palestinese basate su una rappresenta proporzionale.

6. La delegazione europea ha espresso la sua solidarietà ai prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. La delegazione ha inoltre sottolineato con forza il bisogno di applicare la Convenzione di Ginevra ai detenuti, e il bisogno di rilasciarli incondizionatamente senza discriminazione alcuna, in particolare si chiede il rilascio dei leader della sinistra quali: Ahmad Sa'adat, Segretario Generale del Fronte Popolare, Sa'eed Al-Utbah della leadership del FIDA, in prigione da 31 anni, Ibrahim Abu Hejleh, membro dell'Esecutivo del Fronte Democratico, Basel Khandaqji, membro del Comitato Centrale del Partito del Popolo, e altri leader nazionali, i deputati del Consiglio Legislativo Palestinese, incluso il portavoce Abdel Aziz Dowake, ed il leader nazionale Marwan Barghouti.

7. La delegazione palestinese ha ascoltato con interesse il briefing fatto dai rappresentanti del Partito della Sinistra Europea sulla loro ricca esperienza nell'unità delle forze di sinistra nell'UE. La delegazione palestinese ha sottolineato l'intenzione di beneficiare di questa ricca esperienza per unire le forze della sinistra palestinese e tutte le forze progressiste, cosi come per promuovere delle azioni congiunte.

8. Le due delegazioni hanno ribadito l'importanza di incontri periodici, lo sviluppo di ulteriori strumenti di dialogo tra le forze che rappresentano, con lo scopo di promuovere una visione congiunta e di compiere sforzi comuni nella lotta per il diritto all'autodeterminazione di tutti i popoli, la liberazione da tutte le forme di oppressione e tirannia, il rispetto dei dirittti umani fondamentali, proteggendo la pace e la sicurezza delle persone, cosi come la loro indipendenza dall'egemonia praticata dagli USA, e quella operata dalle politiche neoliberiste e del capitalismo.

sabato 3 maggio 2008

L’onda maoista rischia di sommergere il subcontinente indiano

Emanuele Scimìa, 30 aprile 2008
da "Pagine di Difesa" riprendo questo articolo recente sugli effetti che potrebbe avere nel subcontinente indiano la vittoria maoista in Nepal .

Il link alla pagina originale è qui.


Dopo 239 anni di monarchia indù, il Nepal si incammina verso la democrazia svoltando a sinistra. L’indiscutibile vincitore delle elezioni per la scelta dei 601 parlamentari che siederanno nell’Assemblea Costituente nazionale (chiamata a redigere una nuova Costituzione) è il Partito comunista-maoista (Cpn-m), che nella contesa elettorale del 10 aprile scorso ha sconfitto le forze accreditate dei favori del pronostico: il Congresso nepalese (Np) e il Partito marxista-leninista unificato (Uml).

I maoisti nepalesi salgono alla ribalta dopo aver messo fine nel 2006 – grazie a un accordo stretto con altre sette forze del panorama politico nazionale – a una decennale guerra civile, che li ha visti contrapposti al governo centrale e che è costato la vita a circa 13 mila persone. Il patto interpartitico del 2006 obbligò il re Gyanendra a rinunciare al proprio governo personale. Gyanendra, nel 2005, aveva infatti assunto i pieni poteri, dopo aver licenziato il governo in carica, sciolto il Parlamento e sospeso la Costituzione del 1990.

L’impetuosa crescita dell’onda maoista in Nepal può apparire come un fenomeno folcloristico, legato alle esperienze particolari e all’unicità politico-culturale di un piccolo e arretrato Paese asiatico. Ma la realtà è ben diversa. La diffusione di movimenti guerriglieri, che si ispirano operativamente alla ‘guerra di popolo’ teorizzata da Mao Zedong e ideologicamente al suo ‘comunismo agrario’, ha radici profonde in tutto il subcontinente indiano.

Il cuore della propagazione si ha in India, dove da oltre 30 anni infuria la ribellione dei ‘naxaliti’, una guerriglia maoista che prende il nome da Naxalbari, località del Bengala Occidentale, epicentro nel 1967 di una sanguinosa rivolta contadina. I maoisti-naxaliti sono attivi in sette Stati dell’Unione indiana, in particolare in quello centrale di Chhattisgarh (dove in alcuni distretti hanno creato dei propri organi amministrativi e giudiziali, paralleli a quelli dello Stato) e in quello meridionale dell’Andhra Pradesh.

I bersagli dei loro attacchi sono soprattutto gli appartenenti alle forze di sicurezza e i funzionari pubblici. Il primo ministro indiano Manmohan Singh considera la ribellione dei naxaliti come la più grande minaccia per la stabilità del Paese, più pericolosa persino dei conflitti interetnici e interreligiosi o di quelli legati alle polarizzanti disparità sociali che affliggono l’India. Per dare loro la caccia, il governo indiano ha istituito nel 2005 delle milizie popolari tribali (Salwa Judum), che hanno il compito di scortare le forze di sicurezza nelle fitte giungle indiane, dove i guerriglieri maoisti solitamente si nascondono.

I naxaliti giustificano le loro azioni rivendicando maggiori diritti per contadini e tribali, danneggiati in particolare negli ultimi anni dalle espropriazioni forzate ordinate dal governo centrale o da quelli locali per la costituzione delle ‘zone economiche speciali’ (aree destinate a uso industriale, che grazie a un regime di esenzioni fiscali intendono favorire gli investimenti esteri). Ma sono gli stessi contadini e i tribali a condannare i loro eccessi, accusandoli di agire solo secondo logiche di potere.

Anche il movimento maoista nepalese nasce come risposta al divario di condizioni tra poveri (la maggioranza della popolazione) e un ristretto gruppo di ricchi, i cui interessi hanno da sempre ruotato intorno ai destini della monarchia indù. Il Cpn-m nasce nel 1994 da una scissione interna al Partito marxista-leninista unificato, guidata da Prachanda (il suo capo storico, all’anagrafe Pushpa Kamal Dahal) e ispirata dal suo vice Baburam Bhattarai.

Bhattarai ha plasmato l’ideologia del partito non solo sugli insegnamenti di Mao, ma anche sull’esperienza del gruppo armato peruviano Sendero Luminoso. I proclami di lotta in favore degli emarginati e contro il sistema delle caste hanno fatto presa su larghi strati della popolazione: contadini (il 70% dei nepalesi), dalit (25%), donne, madhesi, minoranze indigene dei janajati entreranno nell’Assemblea Costituente, dopo aver già fatto parte del Parlamento ad interim, nominato dopo l’accordo interpartitico del 2006.

Prachanda e i suoi hanno dichiarato da tempo di aver abbandonato ogni proposito di edificare una repubblica maoista. La necessità di tranquillizzare l’opinione pubblica internazionale, la comunità economica locale (legata a doppio filo con la Corona) e l’inquieta etnia madhesi (che chiede un’ampia autonomia per la regione del Terai, dove è maggiormente concentrata), hanno persuaso i maoisti nepalesi che il miglior modo per governare la transizione democratica ed economica nazionale è quello di affidarsi al libero mercato. In cambio il Cpn-m otterrà la sospirata abolizione della monarchia e l’instaurazione della repubblica.

I maoisti nepalesi si giocheranno buona parte della loro credibilità nelle relazioni con i grandi attori regionali. Gli Stati Uniti sono impegnati ad aprire un canale di dialogo con loro, plaudendo agli sforzi compiuti da Prachanda per varare un governo di unità nazionale con le altre forze politiche del Paese, e valutando la possibilità di cancellare il Cpn-m dalla lista dei gruppi terroristici. La Cina rimane in attesa, sospesa tra la possibilità di conquistare ulteriore influenza nel Paese a spese dell’India e i timori per le inclinazioni autonomiste del Cpn-m, che contrastano con la sua politica in Tibet.

L’India – che gode di speciali interessi in Nepal dal 1950 e ha orchestrato le trattative di pace del 2006 – è presa nella morsa. Da una parte sarà costretta a dialogare con Prachanda, anche se non lo ritiene un interlocutore sincero. Dall’altra sarà impegnata a sventare ogni possibile saldatura tra le frange estremistiche del Cpn-m (che già criticano l’evoluzione moderata di Prachanda) e i ribelli naxaliti. Un approdo che, se si dovesse concretizzare, rappresenterebbe un chiaro elemento di destabilizzazione sia del quadro geopolitico nazionale sia di quello regionale.

«La Gran Bretagna corre a destra: siamo tornati all'epoca di Thatcher»

Liberazione di oggi riporta questa intervista a John Rees sulle elezioni amministrative. Nell'articolo si parla di Respect e dei risultati ottenuti dala coalizione della sinistra radicale. In realtà Rees è il rappresentante della componente minoritaria di Respect dopo la scissione che ha portato all'allontanamento dell'unico parlamentare George Galloway. A Londra Respect (Galloway) ha sostenuto Livigstone ma ha presentato proprie liste per l'Assemblea raccogliendo il 2,43% (59.721 voti). La fazione di Respect che fa capo a Rees e Lindsey German ha ottenuto lo 0,92% (22.583 voti). Questa componente ha presentato anche un candidato a sindaco che ha raccolto lo 0,70% (16.796 voti). Un'altra lista vicina al Partito Comunista Britannico (Unity for peace and socialism) sostenuta anche dai militanti di altri PC ortodossi presenti a Londra ha raccolto solo lo 0,26%(6.394 voti). Sul suo sito è presente una dichiarazione di sostegno alla repressione anti-tibetana del regime cinese.
Nessuna di queste liste si è avvicinata alla soglia del 5% necessaria per conquistare un seggio. E non l'avrebbero ottenuto neanche unendosi.

Londra

Il risultato elettorale decreta una sconfitta totale per il partito laburista. A livello nazionale Respect è arrivata seconda o terza in diversi consigli comunali, accaparrandosi molte preferenze dei laburisti. A Londra non è andata cosí. Ci aiuti a capire questo voto?
A Londra la situazione è molto diversa rispetto al resto del paese, dove siamo arrivati al secondo e terzo posto in diverse municipalitá, ad esempio a Sheffield e Preston siamo secondi nelle preferenze. Si tratta di un risultato indicativo della disillusione dell'elettorato laburista. Se dove hanno votato Respect gli elettori tradizionali del Labour si sono spostati più a sinistra, il discorso più generale mostra che la volontà di punire la sinistra ha spostato le preferenze a destra. E questo è ancora più vero a Londra. Qui passeremo dall'avere un sindaco che era espressione della sinistra laburista a un Tory nel senso più classico. Non solo anche i fascisti hanno guadagnato preferenze nella capitale. Non é ancora sicuro che abbiano un rappresentante alla London Assembly, ma conta il fatto che hanno registrato un miglioramento. Al contrario pare che nella capitale i verdi non abbiano avuto una buona giornata e nemmeno i liberaldemocratici. La morale della storia è che siamo davanti ad un significativo spostamento a destra dell'elettorato, in particolare nella capitale. Una delle ragioni é che non c'é un'alternativa convincente di sinistra. Accadde negli anni '70, quando arrivarono gli anni della Thathcher. Temo stia accadendo la stessa cosa.

Perché lo spostamento a destra é maggiormente evidente a Londra?
Perché questa è l'elezione con il maggior numero di votanti. E' il test più importante prima di quello politico nazionale. Le elezioni per i consigli comunali non sono viste come decisive per le politiche del paese.

Un risultato politico nazionale avrebbe gli stessi risultati di queste amministrative?
Sì. Credo di si. Anche se si tratta di un barometro della politica "elettorale". Se osserviamo quello che accade al di fuori di questa orbita, si vede che si muove anche altro. Per esempio il movimento da un quadro ben diverso. Poco prima di queste elezioni decine di migliaia di persone hanno manifestato contro i nazisti (alla manifestazione Love Music Hate Racism, ndr.), prima ancora c'é stata una partecipata azione di sciopero da parte di insegnanti e dipendenti pubblici e anche il movimento contro la guerra é ancora molto forte. Questo indica la disconnessione della rapresentanza politica dalla gente. A Londra la precentuale di voto é intorno al 45%, dunque maggiore rispetto a quella nel resto del paese. Ma se ci pensi il il sindaco é espressione della scelta positiva di un 25% degli abitanti della capitale.

In base a quello che dice, perché chi appartiene al movimento non vota?
Credo serpeggi il sentimento che il voto non cambi nulla. Che ci si confronti con politici main stream favorevoli a politiche neoliberiste e alla politica estera neocon di cui é espressione l'alleanza con Bush. Se sai delle elezioni leggendo solo la stampa main stream, magari non sai nemmeno che sulla scheda puoi esprimere una prefernza per chi si batte contro tutto questo.

Nel caso di Livingstone non si puó dire che non fosse contro la guerra e contro le politiche neocon. Lui é espressione del vecchio Labour.
Sì, ma piu' é rimasto al potere e sempre meno è stato visto come espressione dell'old Labour, sempre meno è stato visto come critico verso il New Labour. Quando fu eletto la prima volta, quando ebbe il maggior numero di prefernze, corse da indipendente per i contrasti che ebbe col partito. Poi, la seconda volta, dopo il riavvicinamento ha vinto, ma ha preso meno voti. Adesso è visto come in linea con le politiche di Blair e Brown.

La sinistraè stata punita per non avere avuto il coraggio di fare una politica di sinistra?
Sì. Questa è una teoria che il New Labour ha preso a prestito da Bill Clinton. La cosiddetta triangolazione, che dice: non ti preoccupare del tuo elettorato tradizionale, perché non voterano mai per qualcun'altro. Pensa piuttosto ad inseguire il voto degli indecisi al centro. Insomma la ricetta era fare un po' di politiche di sinistra e un po' di destra. Poi succede che se compare sulla scena un candidato di destra che dice cose di destra e vince.
Fra. Marr


03/05/2008