sabato 12 aprile 2008

I Congressi dei comunisti indiani traggono un bilancio del sostegno esterno al governo

Fra la fine di marzo e i primi di aprile, a distanza di pochi giorni, si sono tenuti i congressi dei due maggiori partiti comunisti indiani. Il quindicinale Frontline, vicino alla sinistra, ne traccia un bilancio, accompagnato dalle interviste dei rispettivi leader Prakash Karat, segretario generale del PC Indiano (Marxista) e A. B. Bardhan, segretario generale del PC Indiano.

Il tema principale al centro dei due congressi è stato il rapporto con il governo della coalizione United Progressve Alliance (UPA), guidata dal Congresso di Sonia Gandhi, che ha vinto le ultime elezioni. La sinistra sostiene dall'esterno il governo dopo che le elezioni dell'aprile 2004 avevano segnato la sconfitta della coalizione di destra induista del Bharatiya Janata Party (BJP).

Rispetto ai precedenti congressi tenuti nel 2005 Frontline registra un sensibile mutamento di clima che sintetizza nel passaggio da un cauto ottimismo alla preparazione di lotte su più terreni. Tre anni fa era diffusa l'aspettativa, per quanto prudente, che il Programma Comune Minimo sottoscritto con la maggioranza di governo potesse aprire la strada ad un nuovo corso nello sviluppo del Paese.

Dai rispettivi congressi i comunisti escono con la convinzione di doversi impegnare in una serie di azioni e di movimenti di lotta contro il governo dell'UPA per non aver mantenuto alcuni degli impegni sottoscritti, tra cui il fallimento nel controllare l'aumento dei prezzi dei beni fondamentali e la deviazione dalla tradizionale politica estera del paese, che si concretizzata in un progressivo avvicinamento agli interessi degli Stati Uniti. Entrambi i partiti si sono impegnati a sottoporre questo piano di lotta alle altre forze di sinistra, democratiche e laiche prima di definirlo in modo compiuto.

Le due assise hanno confermato la netta opposizione all'accordo sul nucleare civile sottoscritto tra India e Stati Uniti e hanno chiesto al governo di non procedere alla sua messa in atto senza prima consultare le due forze di sinistra.

Le risoluzione politiche generali approvate dai Congressi hanno messo in evidenza i limiti della politica del governo, ma anche alcuni risultati ottenuti dala sinistra quanto meno nel frenare il corso della politica neoliberista.

L'azione di massa che il CPI e il CPI(M) intendono mettere in campo potrebbe anche servire a determinare le condizioni per costruire una Terza Alternativa al Partito del Congresso e alla destra guidata dal BJP. L'obbiettivo è di costruire una coalizione che abbia una valenza politica complessiva e non solo una mera associazione di partiti finalizzata a partecipare alle elezioni. Il Segretario generale del CPI(M) ha sottolineato nel comizio che ha chiuso il congresso che la proposta di una Terza Alternativa non si pone esclusivamente in opposizione al Partito del Congresso. Anzi si vuole evitare che i benefici dela lotta alle politiche dell'UPA vadano a favore del BJP. Per questo occorre unire la lotta all'imperialismo (l'influenza degli interessi degli Stati Uniti), quella al neoliberismo e al comunalismo. Anzi l'intreccio tra neoliberismo e comunalismo è l'elemento più pericoloso dell'attuale fase politica.

Il CPI(M), che è la principale forza di govero in Bengala Occidentale, Kerala e Tripura, ha dedicato parte dela propria riflessione politica a cercare di chiarire il rapporto tra le posizioni politiche nazionali e quelle perseguite a livello di Stati, percepite spesso come molto più moderate. Il partito ha tenuto a sottolineare che i governi di sinistra che operano a livello di singoli stati sono costretti a muoversi nel quadro determinato dalle politiche nazionali e quindi non possono applicare fino in fondo le politiche volute dal partito.

I due segretari generali sono stati confermati dai rispettivi congressi, ma mentre il leader del CPI (M) Prakash Karat appartiene ad una generazione più giovane, il segretario dell'altro partito comunista, Bardhan, con i suoi 82 anni è uno dei veterani del comunismo indiano. Benchè avesse chiesto di essere sostituito, il Congresso ha deciso di confermarlo alla guida del CPI, affiancandolo con un vice segretario generale, S. Sudhakar Reddy, un dirigente proveniente dall'Andra Pradesh.

Il CPI(M)dichiarava di contare 945,486 iscritti nel 2006. Il CPI nello stesso anno ne dichiarava quasi 600.000.

lunedì 31 marzo 2008

Il PC francese ha fissato il Congresso a metà dicembre 2008

Il Partito Comunista Francese è uscito rinvigorito dalle elezioni municipali e ha deciso di tenere il prossimo congresso a metà dicembre nella regione parigina, scrive il settimanale transalpino. Questa decisione è stata presa al termine di due giorni di dibattito nel Consiglio nazionale del partito, con una larga maggioranza - 75 a favore, 16 contrari e 15 astensioni - su proposta della direzione guidata dalla segretaria Marie-George Buffet.

Dopo il risultato catastrofico delle elezioni presidenziali (1,93%), che aveva portato qualcuno a darlo per prossimo all dissoluzione, l'esito delle recenti elezioni amministrative ha confermato l'ancoraggio territoriale del partito. Il bilancio delle elezioni municipali presenta certamente molte luci ma anche qualche ombra. La direzione del PCF sottolinea la conquista di 91 città sopra i 9.000 abitanti (contro 86 nel 2001), ma le correnti di opposizione fanno presente che sono state perse dieci città con più di 3.500 abitanti ed è fallito il tentativo di riconquistare un centro importante come Le Havre (dove il candidato sindaco era Jackie Henin, parlamentare europeo, piuttosto vicino alla tendenza ortodossa. La stessa Buffet ha precisato che le elezioni locali dimostrano che il PCF ha sicuramente un radicamento nazionale ma non cancellano la sconfitta delle presidenziali.

Secondo la rivista francese, Marie-George Buffet sarebbe intenzionata a cedere il posto di leader del partito al prossimo Congresso favorendo anche un rinnovamento complessivo del gruppo dirigente. Occorre però che il nuovo segretario nazionale sia capace di creare la maggiore convergenza ma anche dotato di molta audacia. Per ora nessuno dei possibili successori sembra fare l'unanimità. Se l'unità del partito fosse in pericolo, la Buffet potrebbe decidere di restare al suo posto.
La risoluzione approvata nel Consiglio nazionale sembra mettere la sordina alle ipotesi più estreme sul futuro del partito e propone uno sviluppo del PCF attorno ad un proprio progetto politico. Il mutamento del nome non è al centro del dibattito e non è nemmeno l'opzione sostenuta dalla Segretaria.

Il leader dei "rifondatori" Roger Martelli ha votato contro la risoluzione del Consiglio politico nazionale in quanto essa chiuderebbe nei fatti il dibattito congressuale. Secondo Martelli, il comunismo ha un futuro ma dubita che questo possa passare dal mantenimento della struttura del PCF. Un sentimento analogo è espresso anche da Dominique Grador, vicino all'ex segretario Robert Hue, sostenitore di un rinnovamento profondo ma in termini diversi da quelli dei "rifondatori".
All'altro lato dello scacchiere interno, i difensori di una identità comunista ortodossa, potrebbero unirsi attorno alla candidatura a Segretario di André Gerin, deputato e sindaco di Venissieux, ma è poco probabile che possao prevalere.

domenica 30 marzo 2008

Nuovo successo delle sinistre nello stato indiano del Tripura

Il Fronte delle Sinistre guidato dal Partito Comunista Indiano (Marxista) ha vinto per la quarta volta consecutiva le elezioni che si sono tenute il 23 febbraio scorso nello stato indiano del Tripura. Con 49 seggi su 60 si è assicurato una più che confortevole maggioranza, incrementando di 8 seggi la quota raggiunta nel 2003. Da solo il CPI(M) controlla 46 seggi, mentre il Partito Comunista Indiano (CPI) e il Partito Socialista Rivoluzionario (RSP) hanno ottenuto rispettivamente uno e due seggi ciascuno. L'altro partito comunista che faceva parte del fronte, il Forward Bloc ha deciso questa volta di presentarsi da solo, ma nessuno dei suoi 12 candidati è stato eletto.

Le elezioni hanno anche visto un record di partecipazione raggiungendo il 92,33 per cento. Il partito del Congresso, all'opposizione aveva accusato le forze di sinistra di voler restare al potere con i brogli elettorali, sottovalutando in tal mondo commenta Frontline la base organizzativa che il CPI(M)ha assiduamente costruito tra la popolazione tribale e non dello stato. Il Congresso aveva messo in campo la presidente Sonia Gandhi e il primo ministro Manmohan Singh e altri leaders di grande peso nel tentativo di capovolgere i rapporti di forza elettorali.

Il capo del governo del Tripura Manik Sarkar ha descritto il successo del Fronte di Sinistra come un massiccio mandato in favore di una pace duratura, stabilità e sviluppo. In una dichiarazione a Frontline ha sottolineato che l'obbiettivo principale del governo sarà di migliorare le condizioni di vita del popolo del Tripura e di alleviare le condizioni di quella parte della popolazione che vive al di sotto della linea di povertà. Uno degli elementi principali della vittoria, secondo Maik Sarkar è la capacità del governo di sinistra di creare un clima di amicizia tra le popolazioni tribali e le altre. Anche se le roccaforti di cui dispone nelle zone rurali e tribali restano invincibili, il CPI(M) è riuscito a conquistare nuovi consensi nelle aree urbane che sono tradizionalmente punti d forza del Congresso.

Nelle zone tribali il Fronte delle Sinistra ha ottenuto 19 seggi su 20. Questo risultato è stato favorito dall'azione di sviluppo sostenibile compiuta e dalla perdita di peso di due gruppi estremisti, il National Liberation Front of Tripura (NLFT), un movimento sostenuto da una Chiesa cristiana battista, e l'All Tripura Tigers Force (ATTF) che nel 2003 avevano intimidito con la violenza i sostenitori del Left Front. Il voto secondo Frontline dimostra che le popolazioni che vivono nelle aree tribali (il 31 per cento degli abitanti dello stato) desiderano la pace.

Il Tripura è uno dei più piccoli stati indiani e conta circa 3 milioni di abitanti. Gli altri stati governati dalle sinistre sono il Bengala Occidentale e il Kerala.

venerdì 21 marzo 2008

La vittoria di Christofias (AKEL) nelle elezioni presidenziali cipriote

Le recenti elezioni presidenziali nell'isola di Cipro hanno sancito la vittoria del candidato del Partito Progressista dei Lavoratori Ciprioti, l'AKEL. Per la prima volta da quando il paese è indipendente sarà un comunista a detenere la massima carica politica del piccolo Stato.

Questa elezioni ha suscitato numerosi commenti sulla stampa internazionale. Tra questi anche Frontline, il quindicinale indiano vicino alla sinistra, ha dedicato un analisi, a firma di John Cherian, a quello che viene battezzato come "un voto per l'unità".

Il nuovo presidente, che ha sessanta due anni e ha completato gli studi universitari a Mosca, è ora diventato l'unico capo di stato comunista dell'Unione Europea. Il partito del nuovo presidente - scrive la rivista - formalmente sottoscrive i principi delineati da Marx, Engels e Lenin ed ha legami fraterni con vari partiti comunisti come il PC (Marxista) Indiano.

L'AKEL è emerso dalle ceneri del Partito Comunista, che era stato messo fuori legge dala Gran Bretagna, la potenza che controllava l'isola, durante le lotte anti-coloniali degli anni '30. Lo stesso AKEL è stato nuovamente messo al bando dagli inglesi tra il 1955 e il 1959. Il partito mantiene i simboli dell'ideologia marxista, compresa la bandiera rossa. Busti ed effigi di Marx e Lenin ed altre icone comuniste sono in mostra nei suoi uffici.

Nella fase finale della campagna ci sono stati diversi tentativi da parte della destra, il cui candidato si opponeva a Christofias, di utilizzare il riflesso anticomunista. Anche la Chiesa ortodossa si è schierata contro il candidato dell'AKEL. Quest'ultimo ha negato di voler diventare il "Fidel Castro del Mediterraneo". Il nuovo presidente è conosciuto nella politica locale come un "euro scettico". Tra l'altro ha cercato di rinviare l'introduzione dell'euro in sostituzione della moneta cipriota.

A sorpresa il perdente delle elezioni è stato il presidente uscente Tassos Papadopoulos, chiamato il "Dottor No" per la sua linea dura nei confronti dei turco-ciprioti sulla questione della riunificazione del'isola. Papadoupolos è arrivato terzo, seppure per pochi voti, al primo turno delle presidenziali, lasciando così via libera al ballottaggio al candidato di sinistra Christofias e a quello del centro-destra Ionnis Cassoulidis, ex ministro degli esteri che ha svolto un ruolo importante per fare entrare Cipro nell'UE.

In occasione del referendum del 2004 sul piano di riunificazione proposto dall'allora Segretario generale dell'ONU, Annan, l'AKEL tenne una posizione contraddittoria. Dopo aver espresso un parere favorevole, decise alla fine di invitare i propri elettori a respingere il piano per ragioni tattiche. Restarono così isolati i turco-ciprioti che avevano invece approvato a larga maggioranza la proposta del segretario delle Nazioni Unite.

Secondo il commentatore di Frontline, le elezioni cipriote sono state viste come un referendum virtuale sulla gestione della riunificazione da parte del presidente uscente. Papadopoulos aveva vinto le precedenti elezioni grazie al sostegno dell'AKEL e dei socialdemocratici dell'EDEK. I questa occasione per la prima volta l'AKEL ha deciso di presentare un proprio candidato.

Il risultato elettorale dimostrerebbe un cambio di opinione nell'elettorato cipriota rispetto alla posizione espressa sul piano Annan nel 2004. Anche gli eventi del Kosovo potrebbero aver influito, dimostrato la disponibilità da parte delle potenze occidentali a sostenere l'indipendenza di uno staterello come quello di etnia albanese per ragioni geopolitiche. Non si può escludere che alla fine qualcosa del genere possa succedere anche per la parte di Cipro occupata dai turchi. Il nuovo presidente - è la previsione di Frontline - dovrà accettare dei compromessi per trattare con la minoranza turca perché l'unica alternativa sarebbe la divisione definitiva dell'isola.

Christofias, nella sua campagna elettorale, ha promesso una rapida riunificazione. E appena eletto ha dichiarato che la sua priorità sarà di riprendere i colloqui con il presidente turco-cipriota Mehmet Ali Talat. Il fatto che entrambi i leaders condividano una ideologia di sinistra potrebbe favorire una soluzione veloce. Talat ha accolto con favore l'elezione di Christofias considerandola un segnale positivo di cambiamento nell'atteggiamento della componente greca. Un altro elemento che viene sottolineato dalla rivista Frontline è che il governo islamico turco del partito AK, a differenza di quelli precedenti, sembra meno "ossessionato" dalla questione cipriota.

Naturalmente non mancheranno gli ostacoli. Tra questi il fatto che Christofias abbia promesso di assegnare ministeri chiave ad esponenti del partito di moderato DIKO e all'EDEK, che hanno posizioni ambivalenti sulla questione della riunificazione e hanno tradizionalmente un atteggiamento più nazionalista.

Una analisi abbastanza simile sul risultato elettorale è stata pubblicata da Nathalie Tocci, ricercatrice dell'Istituto Affari Internazionali di Roma.

giovedì 14 febbraio 2008

Il Synaspismos cresce e si rinnova

Domenica scorsa si è concluso ad Atene il congresso del Synaspismos che ha proceduto all'elezione di un nuovo Presidente, il trentaquatrenne Alexis Tsipras, con il sostegno del 70% dei delegati.
Il Synaspismos è una forza polititica della sinistra alternativa greca nata dalla confluenza della corrente "eurocomunista", un tempo organizzata nel PC dell'interno, con settori del KKE (PC greco) che avevano rifiutato il ripiegamento settario di questo partito nei primi anni novanta, altri militanti socialisti, ecologisti e dei nuovi movimenti di lotta.
Dopo diversi anni di difficoltà, schiacciato tra il populismo del PASOK da un lato, e l'ortodossia neo-staliniana del KKE dall'altro,oggi il Synaspismos è in forte crescita. Nelle elezioni del 2007 ha ottenuto il 5% con un incremento di quasi due punti dovuti soprattutto al sostegno della cosiddetta "generazione dei 400 euro", i giovani che vivono in condizioni di crescenteprecarietà.
I nuovi sondaggi usciti in questi giorni, lo danno in forte ascesa, oltre l'11%, mentre sono in calo sia la destra di Nuova Democrazia, al governo, che la sempre più pallida opposizione socialista. Lo stesso KKE sembra invertire la tendenza alla crescita che aveva registrato nel 2007.
Tra le nuove generazioni il consenso del Synaspismos sale a quasi il 20%. Negli anni scorsi il partito, guidato fino al congresso di domenica da Alecos Alavanos, ha fatto la scommessa di partecipare ai nuovi movimenti, in particolare ha svolto un ruolo trainante nel Social forum europeo di Atene, concluso da una grande manifestazione contro la guerra.
Oggi questo lavoro comincia a dare importanti frutti e viene evidenziato anche in forma simbolica dal nuovo presidente che diventa il più giovane leader politico greco e la cui militanza è iniziata nella branca giovanile del KKE. Tsipras è stato candidato a Sindaco di Atene per conto di una coalizione formata dal Synaspismos e da altre forze di sinistra e associazioni di base.
Il Congresso del Synaspismos ha confermato la linea di costruzione del Syriza, la coalizione della sinistra radicale con cui si è presentato alle ultime elezioni, che cerca di unire la varie forze alternative greche.
Il partito ha anche riaffermato la propria autonomia dal PASOK, che resta alleato in alcune realtà amministrative, ma con il quale, visto il profilo moderato, non si ritiene oggi di poter costruire una reale alternativa di governo alle politiche liberiste e alle destre.

venerdì 1 febbraio 2008

Il PC francese discute il proprio futuro

L'8 e 9 dicembre 2007 si è tenuta alla Grand Arche - La Defense di Parigi, l'assemblea straordinaria composta da 1.500 delegati delle sezioni del PCF. Questo appuntamento doveva consentire una prima ampia discussione sul futuro del partito che non ha ancora trovato una strategia per uscire da una crisi che si prolunga ormai, con rallentamenti e accelerazioni, dagli anni '80.

La pesante sconfitta subita nelle elezioni presidenziali del 2007 con la Segretaria Nazonale del PCF fermartasi a meno del 2%, ha reso ancora più difficile un confronto interno che assume toni sempre più accesi e ultimativi. Il dibattito non riguarda solo l'orientamento ideologico e la prospettiva strategica ma la stessa permanenza del partito fondato a Tours nel 1920.

Dar vita ad una nuova formazione di sinistra alternativa post-comunista, ad una nuova forza politica di ispirazione comunista ma profondamente rinnovata nella forma, riportare il PCF ad un profilo più tradizionale, ideologicamente ortodosso, rinnovare il partito senza interrompere la continuità storica? Tutte le opzioni sono in campo.

Il rapporto introduttivo all'Assemblea, presentato da Olivier Dartigolles ha fissato i temi all'ordine del giorno:

"Caratterizzare il periodo nuovo aperto dall'elezione di Sarkozy.
Decidere l'orientamento e le condizioni della risposta da organizzare verso la politica della destra;
Identificare e formulare i principali problemi che sono all'origine dell'eccezionale situazione di crisi che conoscono la società, la sinistra, il Pcf e più generalmente le idee e le concezioni che tendono ad una profonda trasformazione emancipatrice.
Definire un mandato preciso sul modo di organizzare su queste questioni, nel partito e nella società, il lavoro di analisi, di creazione di azioni politiche che ci permettano da darvi una risposta al Congresso del dicembre 2008."


Per quanto riguarda i caratteri e le prospettive de PCF, Dartigolles ha rilevato che l'orientamento emerso nel dibattito dele sezioni è di mantenere il riferimento al comunismo, nonostante il bilancio critico del socialismo reale e della storia dei partiti comunisti. Esso viene definito come "l'obbiettivo di superare storicamente il capitalismo e tutti i sistemi di sfruttamento e di dominazione, ciò che Marx definiva come "uscire dalla preistoria dell'umanità"; egli indica un cammino che è l'inverso della tabula rasa o del gioco al più uno che caratterizza il 'gauchismo'".

Per quanto riguarda la forma organizzativa e politica non viene chiusa la porta ad alcuna opzione. Il "Mandato" finale approvato dall'Assemblea riconosce che i comunisti francesi hanno di fronte a sé una "sfida esistenziale", da un lato rileva "l'attaccamento politico dei comunisti al PCF", dall'altro afferma che il congresso del 2008 dovrà "affrontare tutte le opinioni senza escluderne alcuna a priori". Quest'ultimo concetto è nuovamente ripreso laddove si scrive che "non si tratta di escludere alcuna ipotesi concernente il partito e la sua strategia".

Il documento avanza la proposta di procedere verso un "nuovo internazionalismo". L'impegno internazionale del PCF deve "varcare una nuova tappa. Ciò richiede dal 2008 la costruzione di una iniziativa internazionale che dia corpo a questa ambizione, e di fronte alla posta in gioco europea, una cooperazione rafforzata, per l'elaborazione di progetti comuni e per l'azione con il Partito della Sinistra Europea (SE) e tutte le forze favorevoli ad una rifondazione dell'Unione Europea".

Oltre all'adesione alla Sinistra europea e ad uno sforzo per il suo allargamento, il PCF ha confermato in questa occasione il suo rifiuto dell'anti-eruopeismo in favore di una "armonizzazione sociale, fiscale ed ecologica verso l'alto degli Stati dell'UE". Nel documento che è servito come base alla discussione delle sezioni si afferma: "non abbiamo bisogno di meno Europa, ma di più Europa", un Europa di pace, in cui la difesa sia basata sullo scioglimento della NATO e la sicurezza collettiva.

Il documento finale, sostenuto da Marie George Buffet è stato approvato con il 72% di voti favorevoli. L'opposizione "ortodossa", forte nella federazione del Pas-de-Calais, in alcune sezioni di Parigi, a Venissieux, ha orientato circa il 20% di voti contrari. Si sono astenuti i "rifondatori" (Roger Martelli, Pierre Zarka) favorevoli alla creazione di una nuova forza politica anticapitalista che raccolga forze che oggi sono fuori dal PCF. Attorno alle loro posizioni si sono riconosciuti il 7% dei delegati.

domenica 6 gennaio 2008

Israele: in Hadash prevale la componente nazionalista palestinese?

Ai primi di dicembre 2007 si è tenuta la settima convenzione di Hadash (Fronte democratico per la pace e l'eguaglianza), la coalizione di sinistra con un seguito prevalentemente arabo, la cui principale forza organizzata è il Partito Comunista Israeliano.

La posizione espressa dai principali dirigenti della coalizione ed in particolare dal suo Segretario Generale Mohammed Barakeh sulla questione del riconoscimento della ebraicità di Israele, ha sollevato commenti critici sulla stampa israeliana, anche quella progressista come il quotidiano Haaretz.

Hadash, come d'altra parte i comunisti israeliani, ha sempre sostenuto il principio dei "due Stati, due popoli" come unico sbocco al conflitto israelo-palestinese, anche quando questa soluzione era contrastata dal movimento nazionalista palestinese.

Anche oggi, il principale partito della sinistra araba conferma l'adesione a questo obbiettivo e riconosce l'autorità palestinese di Abu Mazen, che ha inviato un messaggio di saluto alla convenzione di Hadash, inviando in sua rappresentanza il principale negoziatore palestinese Saeb Herekat. Uno dei nodi tutt'ora irrisolti nelle trattative con Israele riguarda il riconoscimento del carattere dello Stato israeliano. L'Autorità palestinese, ha riferito Erekat, è disposta a riconoscere l'esistenza di questo stato a fianco di quello palestinese ma non la sua caratterizzazione come stato ebraico.

Questa posizione è stata sostenuta anche da Hadash. L'ostilità ad un simile riconoscimento deriva fondamentalmente da due implicazione che deriverebbero da tale atto: 1) il rifiuto di accettare il cosiddetto "diritto al ritorno" degli ebrei di ogni parte del mondo in Palestina; 2) la negazione di un analogo diritto al rientro per i profughi palestinesi fuggiti nel '48. Barakeh ha dichiarato che "l'ebraicità di Israele è come una spada sul nostro (NdA dei palestinesi israeliani) collo".

Questa posizione è stata oggetto di un commento fortemente critico da parte della scrittrice Avirama Golan su Haaretz. Secondo la commentatrice del quotidiano la posizione di Hadash di non riconoscere Israele come "patria nazionale" per il popolo ebraico farebbe perdere di senso alla rivendicazione di essere un movimento "arabo-ebraico". La nuova leadership che ha allontanato un politico con una posizione nettamente di "sinistra civica (NdA il termine inglese civil, viene qui inteso come non nazionalista)" come Issam Mahoul (segretario del PC israeliano fino all'ultimo congresso) sta portando Hadash in un "vicolo cieco".

Hadash si starebbe allontanando dalle posizioni che negli anni '90 sotto la guida di Tamar Gozansky gli avevano garantito il sostegno di molti veterani della sinistra che lo consideravano il partito più vicino alle fasce deboli del paese e al'avanguardia di tutto lo spettro politico per il suo sostegno a favore della divisione della terra tra due stati.

Secondo la Golan ci sarebbe disappunto all'interno del partito per l'allontanamento di Hadash da quelle posizioni. Questo scontento si esprimerebbe in due critiche: 1) al crescente legame di Hadash con gruppi nazionalisti ed anche con forze islamiche, e 2) all'emarginazione delle donne, soprattutto ebree, dai posti vincenti nelle liste elettorali.

Alcuni membri di Hadash e veterani della sinistra vedono con sfavore la crescente divisione tra ebrei e arabi rispetto alla definizione "civica" di israeliani. Alex Macias ha rilevato sul sito Hagada Hasmalit (La Riva Sinistra) che la convenzione si è tenuta a Nazareth e Haifa, città a maggioranza araba, e quasi interamente in lingua araba. Non è stata esposta la bandiera israeliana ma solo quella palestinese. Hadash avrebbe iniziato a "soccombere alla corrente nazionalista separatista e populista" nel momento in cui si è accordata prima con il movimento di Ahmed Tibi (Ra'am-Ta'al) e poi con il Balad di Azmi Bishara, abbandonando in questo modo i temi civili e sociali in favore del nazionalismo palestinese.

La conclusione della Golan è che avvicinandosi all'impostazione nazionalista del Balad, Hadash avrebbe chiuso la porta a quegli israeliani che cercavano una forza politica capace di tenere vivi i temi economici e sociali.