mercoledì 11 febbraio 2009

La sinistra alternativa cilena cerca di unirsi per le elezioni presidenziali

Il giornale cileno La Segunda ha pubblicato a fine gennaio nel suo sito la notizia della riunione congiunta dei quattro canidati presidenziali della sinistra alternativa cilena, rappresentanti del Partito Comunista, del Partito Umanista, e due gruppi dissidenti del Partito Socialista. L'obbiettivo è di arrivare a presentare un solo candidato per tutta la sinistra, che attualmente, per effetto di un sistema elettorale particolarmente ingiusto, si trova esclusa dal Parlamento.

Izquierda extraparlamentaria firma acuerdo para levantar candidato único

Martes 27 de Enero de 2009

Fuente :La Segunda Online

En su primera aparición conjunta, los cuatro candidatos presidenciales del sector progresista sellaron oficialmente el pacto para trabajar en estas presidenciales y el futuro. Convocaron a la realización de una Convención Programática, que sería a más tardar la primera semana de abril, para la construcción de una plataforma de gobierno. Asimismo, están abiertos a un pacto instrumental con el oficialismo para terminar con la exclusión de una vez por todas.

Tras un comunicado leído por la secretaria general de la Izquierda Cristiana, Bernarda Pérez, en el vestíbulo del cine Arte Alameda, los presidenciables Tomás Hirsch, Guillermo Teillier, Alejandro Navarro y Jorge Arrate, rubricaron un compromiso adquirido hace un tiempo con el sector extraparlamentario, levantar un candidato presidencial único del sector.

"Este es un acto de respuesta a una esperanza y aspiración que nos hace el pueblo. Hoy le estamos diciendo al país que la Izquierda continuará trabajando en forma unitaria y va a levantar candidatura presidencial única", señaló Tomás Hirsch, candidato humanista, agregando que "también vamos a trabajar para terminar con la exclusión, y para que haya una representación de este sector en el Parlamento. Quisiéramos que eso se lograra por la vía legal, pero evidentemente aquí ha faltado voluntad para que se reforme y se termine con el sistema binominal", señaló.

El texto Nos Comprometemos ante el Pueblo de Chile "invitó a la construcción de una expresión popular como alternativa a la derecha y el Gobierno, y sintetizó las necesidades político-sociales del país para abrir el camino de la esperanza para los trabajadores y las mayorías nacionales excluidas".

Comprometiéndose, además, a definir pronto el mecanismo para determinar y respaldar el candidato único y unitario "asumimos el desafío histórico de poner todas las voluntades en pos de la unidad de las fuerzas de izquierda, populares y progresistas", cerraba el escrito reproducido esta mañana.

"Tendremos en el mes de diciembre una alternativa sólida y democrática ante el país y el mundo entero. Vamos a tener un programa que no sólo servirá para las elecciones, sino que va a ser una herramienta de lucha que identifique al pueblo. Tenemos un gran futuro por delante y en diciembre los grandes triunfadores vamos a ser nosotros", expresó el presidente del PC, Guillermo Teillier.

En tanto el senador Alejandro Navarro, desmintió especulaciones sobre disidencias en la forma de seleccionar al candidato único, y ratificó la necesidad de llegar a un acuerdo con sus homólogos.

"Hay un fuerte desgaste de la política, queremos tocar el corazón y ofrecer una mano, incorporar y hacer participar, demandar compromiso del 52% de los chilenos que no se identifica ni con la Concertación ni con la Alianza. La Izquierda está aquí para decir presente, queremos un candidato único, un programa y un instrumento para gobernar Chile de manera efectiva, práctica y honesta".

Conjeturas que también desmintieron Hirsch y Teillier, proclives a buscar el formato más democrático, pero que asimismo pueda ser viable: "Los humanistas nunca hemos dicho que estemos en contra de unas primarias. Nos gusta mucho porque es participativa, abierta, democrática e inclusiva. Es muy interesante la posibilidad pero también entendemos que es tremendamente complejo y caro. Existe la opción de una convención, acuerdo político y una asamblea, y no hay que tenerle temor a esas posibilidades", indicó Tomás Hirsch.

Por último, el socialista Jorge Arrate, sólo asistió unos minutos a la cita debido al fallecimiento de un familiar, pero se fue dejando la estampa de su adhesión al proceso y su respaldo señalando que "Cualquiera que sea el candidato de la Izquierda, si no soy yo, va a contar con mi apoyo más decidido".

martedì 10 febbraio 2009

L'ultimo congresso di Izquierda Unida

A novembre dell'anno scorso si è tenuto il Congresso di Izquierda Unida. Riporto in proposito, anche se con un certo ritardo, quanto scritto a commento da Alfio Nicotra del PRC, sul sito Un Mondo Nuovo. Il tono è piuttosto pessimista. Va detto che successivamente IU è riuscita ad eleggere un coordinatore nella figura di Cayo Lara, militante del Partito Comunista. La gestione è unitaria, ma l'orientamento politico della coalizione si è decisamente spostato a sinistra.

di Alfio Nicotra

L’unica cosa chiara è che in Spagna, in questi anni, né in parlamento né nella società, è stata presente una alternativa di sinistra. La linea maggioritaria che ha guidato Izquierda Unida è stata molto chiara: associarsi alla vittoria di Zapatero, condizionarlo da sinistra e, da quella posizione, recuperare la forza elettorale di IU.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. IU ha subito un forte arretramento elettorale a causa di una doppia emorragia: il voto utile frutto della polarizzazione bipartitista e l’astensione di una parte importante della sua base elettorale come espressione di rifiuto di una politica subalterna con il governo del PSOE, così come la prolungata smobilitazione a causa dell’assenza di una autentica opposizione di sinistra nelle istituzioni e nelle piazze”. Sembra la fotografia dell’ultimo congresso nazionale del Prc. E’ invece uno stralcio del documento congressuale numero 2 , quello che fa riferimento al Partito Comunista spagnolo, e che ha ottenuto la maggioranza relativa alla IX assemblea federale di Izquierda Unida, celebrata il 15 e 16 novembre , a Vaciomadrid, un comune parte della cintura rossa della capitale.

Un congresso che si è risolto senza nessun vincitore e vinto, che ha fatto parlare di “male italiano per IU”. La terza forza politica nazionale del paese – qui il bipartitismo è più avanzato che da noi, scalfito solo qua e là da qualche forza regionale – sta vivendo il periodo più drammatico dalla sua fondazione (1983). Strutturata a rete e in forma federata, a far precipitare la crisi di IU è stato il pessimo risultato dell’elezioni politiche di primavera che hanno reincoronato Zapatero e il suo partito socialista e sconfitto per la seconda volta consecutiva il partito di centrodestra – erede dei falangisti franchismi- del Partito Popolare.

Gaspar Llamazares che aveva ereditato la guida di una IU già in difficoltà e ai minimi storici, non solo non è stato in grado di risalire la china, ma ha accentuato il conflitto interno tra le varie anime con una posizione sostanzialmente governista.

Il rischio della marginalità definitiva è riecheggiato in tutti gli interventi dei congressisti che si sono alternatiti al microfono, così come il termine “rifondazione”. IU infatti, così come l’abbiamo conosciuta nei suoi primi decenni, non esiste più. La sua forza organizzativa, tutt’altro che disprezzabile, rischia però di essere duramente indebolita dalla paralisi interna che il congresso ha finito per non risolvere ma addirittura per fotografare. Per la prima volta nella sua storia, subito dopo il congresso, non è stato possibile eleggere il coordinatore nazionale.

Nel nuovo Cpn di IU infatti non si è delineato con certezza nessun schieramento maggioritario. Le tre mozioni congressuali al momento del voto finale, si sono ulteriormente divise in cinque liste. Quella del coordinatore dimissionario (“Per un processo costituente di una Sinistra Unita Aperta) che candidava la gasparista Inés Sabanés, si è fermata al 27, 7%. La “Terza Via”, composta da ex-gasparisti (“Creemos en el futuro di Izquierda Unida”) il 18,8%. Il documento che fa riferimento al PCE (“Per una IU anticapitalista, repubblicana, federale e alternativa, organizzata come movimento politico e sociale”) che candidava Cayo Lara attuale coordinatore regionale di Castilla-La Mancha il 43,3% dei delegati. Le due restanti liste quella della corrente minoritaria dell’andaluso Juan Manuel Sánchez Gordillo, rappresentante del Colectivo de Unidad de Trabajadores, e quella basista, trasversale e di sinistra dell’intellettuale Manolo Monereo si sono divisi rispettivamente 4 e 5 dei rappresentanti al cpn rispetto ad una platea complessiva di 90 componenti.

Con la crisi economica che ormai corrode a fondo il “miracolo” spagnolo, con licenziamenti di massa e il tonfo della locomotiva edilizia, alle moltiplicate domande sociali il gruppo dirigente di IU non è riuscito così a trovare una quadra condivisa. La sessione del cpn , convocata al termine dell’assemblea federale, ha preso atto dell’empasse e non ha letto nessun coordinatore.

Si attende adesso che ai 90 membri del cpn eletti nell’assise se ne sommino altri 90 provenienti dalle federazioni locali e dai vari regionali. Il 13 e 14 dicembre – esattamente un mese dopo il congresso- sapremo quale gruppo dirigente e più che latro quale linea politica guiderà IU. Le trattative centrali non hanno avuto alcun esisto, si spera nella “saggezza” nei territori e nelle forze più vive del movimento. Fuori le sedi del partito la società non attende e si organizza comunque per rispondere alla crisi, con la costituzione di “comitati popolari contro la crisi” che nelle stesse ore del congresso hanno riempito le piazze di mezza Spagna.

Filippine: formato un nuovo partito di sinistra

Il settimanale socialista australiano Green Left Weekly informa della creazione di un nuovo partito della sinistra filippina, denominato "Partito del Potere alle Masse" (Partido Lakas ng Masa, PLM) guidato da Sonny Melencio e legato ad un movimento di giovani militari che si ispirano ad Hugo Chavez. L'articolo che riporto è pubblicato in originale qui.

Peter Boyle, Manila
6 February 2009

More than 1000 people, including 920 elected delegates, attended the inaugural congress of Power of the Masses Party (PLM) on January 30. The delegates represented mass organisations of workers, urban poor, peasants, students, street vendors, jeepney and tricycle drivers, women and senior citizens — a mass base estimated at 300,000 according to PLM leaders.

The congress adopted a recruitment target of one million members in Manila and two million in the country as a whole by 2010, when presidential elections are due.
The slogan “PLM: A new party for our time, a party of change, a party of socialism” set a confident tone for the congress.

Sonny Melencio, who was elected chairperson of the PLM, described the new party to as a “combination mass movement and electoral party” that was inspired by the recent Latin American experiences that have put into power progressive and socialist parties in countries like Venezuela and Bolivia.

“We are trying to build a mass party that can lead an uprising as well as engage in elections.
“The socialist victories in Latin America were not simply victories in the ballot boxes. Those electoral victories were preceded by popular uprisings that mobilised millions of people.
“During the elections, these uprisings were transformed into giant mobilisations, but the mobilisations are also continuing in an ongoing process of building new institutions of popular power.”

The PLM congress adopted a “Platform of the Masses”, a transitional program aimed at the “dismantling of the rotten capitalist system and its replacement by socialism”.
This program consists of key demands around economic and political reforms that the party will campaign for. It includes the nationalisation of basic industries and services, such as electricity, oil and water; the provision of basic needs of the masses, such as land, decent housing, education, jobs and health; and the establishment of a genuine government of the masses.

Popular power

“But the political aspect of the program is crucial”, Melencio told Green Left Weekly in an extensive interview (visit for a video of the full interview).

“We want to put power into the hands of the masses. This has to happen from below through the transformation of barangay [neighbourhood] councils into barangay assemblies that can institute alternative structures to replace the congress that is dominated by the trapo [traditional politician] elite.

“The masses are tired of a system where successive people’s uprisings, such as EDSA I [1986, named after the major highway in Manila that was the site of mass demonstrations] and EDSA II [2001], which changed nothing. EDSA III was a failure and led by another trapo, “Erap” [Joseph Estrada], who wanted to return to power.

“We don’t want another EDSA where ’people’s power’ is hijacked by the elite. So we need an uprising that is headed by the masses themselves and crowned by the institution of a government of the masses.”

The forces that launched the PLM came out of an experience in a broad coalition of the left called Laban ng Masa. This alliance included most of the left except the sections associated by the Communist Party of the Philippines, a significant force that holds on to a sectarian approach to the rest of the left, according to Melencio.

This alliance operated on consensus and, unfortunately, there was no consensus on how to relate to important issues such as the Moro struggle for self-determination, the rebel soldiers movement and the commitment of serious resources to building the alliance at all levels, especially at the grassroots, Melencio said. “So we decided to form a party that could do this grassroots organising among the masses, to mobilise them in the streets and elections. However, we are still pursuing left regroupment and the PLM has an inclusive approach.”

Melencio hopes that some other groups from Laban ng Masa might join the PLM in the next few months. Well-known leaders of the broader left, including president of the University of the Philippines and Laban ng Masa chairperson Dr Francisco Nemenzo, former Akbayan Congress representative Etta Rosales, current Akbayan Congress representative Risa Hontiveros and long-time left militant Ric Reyes delivered greetings to the PLM congress in person.

Rebel soldiers movement


The major alliance the PLM is building is with a group of military rebels who launched a failed uprising in 2007. Melencio has been visiting the rebel military leaders in detention and discussing the possibility of them joining the PLM. Some have already expressed their willingness to join or support the PLM.

The PLM congress received a message of support from imprisoned Brigadier-General Danilo Lim, a widely respected leader of the rebel soldiers movement. “Some of the military rebel groups are in full agreement with the PLM platform. In fact, the platform of the PLM is based on a platform put forward by the Young Officers Union for New Government (YOUNG)”, said Melencio.

“They asked us to comment on it, during the days of Laban ng Masa, and we developed it into the Platform of the Masses. We have some more things to discuss, including how to explain socialism to the ranks of the soldiers.” Melencio said that some of the rebel soldiers had been studying the Venezuelan revolution and reading about Hugo Chavez and “socialism for the 21st century”. The PLM has been discussing putting forward Lim as its presidential candidate in 2010.

There were international observers at the PLM inaugural congress from the Japan Confederation of Railway Workers Union, the Swedish Left Party, the Democratic Socialist Perspective of Australia and the Ceylon Bank Employees Union. Solidarity greetings were presented from these groups and other international parties including the Socialist Party of Malaysia (PSM), Papernas from Indonesia and the Revolutionary Workers’ Party (POR, Spain), which emailed greetings.

domenica 8 febbraio 2009

L'LCR si scioglie per dar vita al Nuovo Partito Anticapitalista (NPA)

In questi giorni si è svolto il Congresso fondativo del Nuovo Partito Anticapitalista francese, preceduto da quello di scioglimento della Lega Comunista rivoluzionaria, che ne costituisce la principale organizzazione promotrice. in proposito riporto una dispaccio della France Press, pubblicato sul sito della stessa Ligue.

LA PLAINE-SAINT-DENIS (Seine-Saint-Denis), 5 fév 2009 (AFP) - La Ligue communiste révolutionnaire (LCR) d’Olivier Besancenot a été officiellement dissoute jeudi après 40 ans d’existence, pour créer le Nouveau parti anticapitaliste (NPA) dont le congrès de fondation s’ouvre vendredi. La dissolution a été votée, à main levée, à 87,1% des voix des quelque 150 délégués, a constaté une journaliste de l’AFP. 11,5% ont voté contre, les 1,4% restants se sont abstenus. Quelques timides applaudissements ont suivi le vote. "Nous avons déjà été dissous deux fois par le gouvernement (en 1969 et 1973, ndlr), cette fois-ci c’est nous", s’est amusé, plus tôt dans la journée, Alain Krivine, un des fondateurs de la LCR. "On ne dissout pas en tant que tel, on continue le combat révolutionnaire avec un outil beaucoup plus adapté que la LCR" parce qu’"un parti, à la différence d’une secte, n’est pas un but en soi", a-t-il ajouté, se disant "enthousiaste et heureux". Face à "l’échec du capitalisme" et au déclin du Parti communiste français (PCF), le nouveau parti, qui ne rejoindra pas la IVe internationale trotskiste, sera "une force anticapitaliste incontournable demain", a assuré M. Krivine. Le NPA, dont le congrès fondateur se tient de vendredi à dimanche à la Plaine-Saint-Denis (Seine-Saint-Denis), revendique environ 9.000 militants (contre 3.200 à la LCR). Il s’agit de "prendre le meilleur des traditions du mouvement ouvrier, qu’elles soient trotskistes, socialistes, communistes, libertaires, guévaristes" ou issues de l’écologie radicale, affirme Olivier Besancenot qui n’est "pas venu avec une gerbe de fleurs" et dit ne ressentir "ni émotion ni nostalgie" pour l’"enterrement" de la LCR, créée en 1969. Dans les allées du congrès, la nostalgie n’était en effet pas vraiment palpable même si quelques-uns ont critiqué une dissolution faite "en quelques heures", à l’image de Christian Picquet, minoritaire dans le parti, qui regrette un "débat bâclé, expédié à la sauvette" dans une "ambiance morose". Souhaitant faire entrer au NPA des gens qui, même s’ils avaient des idées proches de la LCR, n’osaient pas y adhérer "à cause de son histoire", M. Besancenot, 34 ans, dont 20 passés à la LCR, a déclaré être "très, très fier" de l’héritage de la Ligue. Fondée en avril 1969, la Ligue communiste, devenue LCR fin 1974, a marqué la gauche et a notamment formé des dizaines d’hommes et de femmes politiques, comme les socialistes Henri Weber, Julien Dray, François Rebsamen, Pierre Moscovici, Sophie Bouchet-Petersen ou David Assouline. Lors du congrès fondateur, les quelques 600 à 700 délégués du NPA devront notamment décider du nom de la nouvelle formation et de son éventuelle participation à un "front de gauche" avec le Parti communiste français et le Parti de Gauche lors des européennes de juin.

jud/paj/ei

Il Congresso costituente del Parti de Gauche: nessun "oltrismo" e Fronte della sinistra alle europee

Sul recente Congresso costituente del Parti de Gauche riporto quanto scritto da Bruno Steri sul rito di Rifondazione Comunista

di Bruno Steri
(Responsabile Europa Prc-Se)

“Ci dicono: prima di redistribuire, occorre produrre la ricchezza. Loro! Che hanno ingrassato le multinazionali e un pugno di ricchi nel mondo!”, “Concittadini, vogliamo cambiare radicalmente la società: non siamo disposti a ricominciare a produrre non importa cosa, non importa come…”, “Noi crediamo alle rivoluzioni dove si vota, come in Venezuela, come in Bolivia”, “La nostra filosofia è quella dei lumi, della repubblica, della sinistra; con un obiettivo concreto: unire la sinistra per battere il neoliberismo”, “E al Partito socialista dico: non agitate il voto utile. L’unico voto utile è quello che porterà nel Parlamento europeo deputati nettamente contrari al Trattato di Lisbona”. Sono queste alcune delle battute con cui Jean-Luc Mélenchon ha concluso il congresso del suo partito: lo ha fatto con una dialettica scaltra e vivace, che coniuga il furore iconoclasta con richiami illuministici e repubblicani (di quelli che scaldano i cuori del patriottismo francese); e che, al contempo, colloca questo transfuga del Ps nel campo della sinistra anticapitalista.

In una struttura periferica situata a sud di Parigi, da venerdì a domenica scorsi, il Parti de Gauche (PdG) ha celebrato il suo “congresso costituente”: una forza politica che, appena nata, conta sul contributo di 4mila militanti (ma il trend è in ascesa) e che, essendosi staccata solo un paio di mesi fa dal Partito socialista, ha trovato un suo spazio nella gauche anticapitalistica francese. Nell’ampia sala congressuale, il clima è quello dei grandi momenti. Ma, in generale, è la situazione politica transalpina che mostra chiari segnali di risveglio e offre alle forze della sinistra consistenti opportunità. La Francia ha appena visto mobilitarsi due milioni e mezzo di persone, chiamate allo sciopero generale da tutti i principali sindacati, di nuovo uniti, contro i tagli di Sarkozy e la sua gestione della crisi: come è stato rilevato anche sulla nostra stampa, erano presenti nelle piazze tutti i settori della società. Non a caso, la relazione introduttiva del congresso ha reso omaggio a questa formidabile giornata di sciopero, ringraziando esplicitamente le forze sindacali per la loro determinazione e la loro inequivoca volontà di lotta. Per comprendere quanto il quadro politico francese sia oggi spostato a sinistra rispetto al nostro, è sufficiente considerare la presenza nel corteo parigino della stessa segretaria del Ps, Martine Aubry. Da noi, al contrario, un pezzo di sindacato firma accordi separati con padroni e governo; e il segretario del maggior partito di centro-sinistra tace davanti ad un’operazione regressiva che tenta di isolare e mortificare il più grande sindacato italiano.

Ma è il tema dell’Europa a marcare la più visibile distanza. Mentre in Italia, al livello dell’opinione diffusa, tale questione è sostanzialmente evanescente, in Francia essa coincide con il nervo scoperto di un referendum tradito. In Francia si è votato; e si è votato “No” al Trattato europeo. Ciò ha consentito alle forze della sinistra di radicare questa tematica nel vivo del dibattito politico. Ed oggi la consapevolezza maturata in quella battaglia referendaria è pienamente disponibile, per dare nerbo all’imminente contesa elettorale (“L’80% delle leggi francesi sono trascrizioni di direttive europee!”). Così - accanto alla proposta politica di un Fronte delle sinistre per la prossima scadenza elettorale continentale - sul piano analitico-programmatico, la crisi del capitalismo e l’Europa hanno del tutto naturalmente costituito l’asse centrale della discussione e dei documenti congressuali; e l’intransigente rifiuto del Trattato di Lisbona (“copia conforme del Trattato costituzionale rigettato nel 2005”) ha orientato l’intero dibattito. Di qui passa eminentemente la stessa critica al Partito socialista, “complice” nell’approvazione del suddetto Trattato-fotocopia. Come detto, la radicale critica a questa Europa, “costruzione liberista e autoritaria”, si è intrecciata con quella del vigente sistema capitalistico e con la necessità storica di un suo superamento: necessità resa ancor più inderogabile dalle drammatiche urgenze (sociali, democratiche, ambientali) indotte dal precipitare della crisi. Su questo, la posizione del PdG è parsa molto netta: “Non si esce dalla crisi rilanciando il capitalismo, ridando fiato ai meccanismi che hanno condotto al disastro sociale e ad una spaventosa crisi ambientale”. Occorre proporre un’alternativa al capitalismo, un altro orizzonte, “precisando le transizioni che vi conducono”. Non sarà una passeggiata: “La sinistra non convincerà il capitale finanziario a rendere quel che ha estorto attraverso un’amabile discussione tra gente di buona compagnia”. Ma deve essere la sovranità popolare a determinare la realizzazione di ciò che corrisponde all’ “interesse generale”: precisamente come sta accadendo in America Latina, in Venezuela, in Bolivia.

Sulla base di tali orientamenti generali, i documenti presentati alla discussione hanno articolato il programma del partito (da proporre successivamente ad un’eventuale coalizione elettorale). Innanzitutto, sul versante interno, quello delle concrete risposte alla crisi sociale. La ricchezza c’è: tant’è che le imprese francesi, nel 2007, hanno incamerato 650 miliardi di utili. Contrariamente a quello che fa il Ps, occorre intervenire con decisione e presto sugli squilibri di classe, proponendo misure strutturali a livello nazionale ed europeo. Anche sul versante esterno, il PdG non sembra fare sconti: neanche ad Obama. Gli Stati Uniti - ha infatti osservato la responsabile del dipartimento sui problemi internazionali - si sono resi responsabili dell’azzeramento del diritto internazionale; e le teorie dello Scontro di civiltà e della Guerra al terrorismo hanno di fatto “fornito un nuovo abito” all’imperialismo. Pur essendo diverso da Bush, Obama non smentisce tali pseudo-teorie: e rafforza le truppe in Afghanistan.

Al grido di “Unità, unità!”, il congresso ha approvato l’appello per un Fronte della sinistra alle prossime europee. Il Pc francese ha già accolto l’invito: e l’ovazione tributata dai delegati alla segretaria comunista Marie-George Buffet ha simbolicamente sigillato l’intesa. La decisione tocca ora al sin qui riluttante Olivier Besancenot, leader del Nuovo Partito Anticapitalista (Npa), che ha raccolto e rinnovato l’eredità della Ligue Comuniste Révolutionnaire, il quale celebrerà il suo congresso nel prossimo week-end. A Besancenot si è direttamente rivolto Mélanchon: “Non ti chiediamo di sciogliere il tuo Npa. Tu dici che ci sono cose che vi distinguono da noi. Confermo: anche noi su alcune cose divergiamo da voi. Ma, appunto, non vogliamo una fusione, bensì un’unione tra forze distinte”. Niente oltrismi, dunque; niente superamenti. E niente scissioni. Così si prova a costruire l’unità. E la si costruisce su punti ben determinati. Mélanchon ne indica due, in particolare: rifiuto netto del Trattato di Lisbona e gruppo parlamentare collocato a sinistra del Ps europeo. Unità nel rispetto delle identità e nella chiarezza dei contenuti: questa è la strada maestra che prova a percorrere la sinistra francese. E un sondaggio dà l’eventuale ressemblement al 14,5%...

giovedì 1 gennaio 2009

L'incontro di San Paolo dei Partiti Comunisti

Si è tenuto a novembre nella città brasiliana di San Paolo, il 10° incontro internazionale dei Partiti Comunisti, organizzato dal Partido Comunista do Brasil, che attualmente è al governo nella coalizione diretta dal Presidente Lula. I precedenti incontri si erano svolti in Bielorussia nel 2007, in Portogallo nel 2006 e in Grecia, in tutti gli anni precedenti.

Sorti per iniziativa del Partito Comunista Greco (KKE), e voluti soprattutto dai PC più tradizionalisti, all'inizio questi meeting internazionali avevano una forma seminariale e di basso profilo politico. Solo negli ultimi anni, con la formazione di un gruppo di lavoro che ne prepara l'organizzazione formato da una decina di partiti, e l'individuazione di sedi diverse, aspirano a diventare parte di un processo di ricostruzione del "Movimento Comunista Internazionale" in continuità con la struttura esistente fino al crollo del blocco socialista.

A San Paolo erano presenti 66 partiti, provenienti da 55 Paesi. La suddivisione per continente è la seguente: Europa 31 (di cui 12 dall'ex blocco socialista), Asia 8, Medio Oriente 9, America 17, Africa 1. Dal punto di vista del ruolo politico: 5 sono al potere in condizioni di monopolio politico (Cuba, Cina, Corea, Laos, Vietnam); 12 sono al governo o sostengono coalizioni di governo svolgendo un ruolo più o meno importante (Bielorussia, Bolivia, Brasile PCdoB, Cipro, Ecuador, Nepal, Paraguay, Sud Africa, Siria SCP e CPS, Uruguay, Venezuela); 13 hanno una rappresentanza parlamentare (Bulgaria, Colombia, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, India CPI e CPM, Iraq, Lettonia, Palestina PPP, Portogallo, Russia PCFR, Ucraina PCU). Gli altri 36 partiti non hanno rappresentanza parlamentare (uno è illegale).

Dal punto di vista dell'origine ideologica: 35 sono partiti già presenti all'interno dell'MCI egemonizzato dall'Unione Sovietica; 9 derivano da scissioni di partiti che avevano assunto posizioni autonomiste nei confronti del PCUS a partire dagli anni '70, o che dopo il crollo del blocco socialista si sono trasformati in partiti non comunisti; 6 partiti derivano dalla corrente filocinese degli anni '60; 12 sono partiti formatisi nei paesi dell'est Europa dopo il crollo del socialismo; 4 partiti vengono da tradizioni diverse.

Un certo numero di partiti comunisti non ha mai partecipato a questi incontri internazionali, e alcuni dei partecipanti vi hanno sempre attribuito scarsa rilevanza. Tra gli assenti diversi partiti minori europei (Austria, Belgio, Svizzera), il Partito Comunista della Repubblica Moldava, in Asia il Partito Comunista Giapponese, il Partito Comunista del Nepal (Maoista), le due principali organizzazioni comuniste filippine (PCP, PM), in America Latina l'FMLN del Salvador, l'URNG del Guatemala, il PT messicano, il PCEml dell'Ecuador. Assenti anche le principali formazioni della sinistra radicale al potere in America Latina: il PSUV venezuelano e il MAS boliviano, escluse dalla discriminante ideologica e non politica che sta alla base di questi incontri.

Il seminario, come quelli precedenti, non ha prodotto un vero e proprio documento politico, ma solo un appello dal tono propagandistico e dal contenuto dogmatico. L'attuale crisi economica e finanziaria, probabilmente la più grave dal '29, è espressione intrinseca dei profondi limiti del capitalismo e potrebbe fornire le basi per lo sviluppo di tendenze militariste e autoritarie. Potenti campagne ideologiche vengono messe in atto per nascondere le vere ragioni della crisi. I partiti che sostengono il capitale accettano i dogmi del "Washington Consensus", La socialdemocrazia, per nascondere la sua trasformazione in un pilastro dell'imperialismo, cerca di riproporre forme di regolazione neo-keynesiane per cercare di impedire il successo di alternative rivoluzionarie. Pertanto si impone il "rovesciamento rivoluzionario del capitalismo" e l'alternativa è il socialismo, ovvero una società nuova libera dallo sfruttamento di classe e dall'oppressione. Intanto si delineano le condizioni per un movimento ampio contro le politiche capitalistiche.

Oltre a questo documento sono state presentate diverse mozioni, che impegnano solo i partiti che le sottoscrivono. Le differenze tra le liste dei firmatari sono rilevanti e danno un'idea delle notevoli divergenze politiche che esistono tra i vari partiti presenti.
Mozione in appoggio del popolo palestinese: 44 firmatari
Mozione per i 200 anni dell'indipendenza dell'America Latina e del Caribe: 38 firmatari
Mozione contro il blocco di Cuba: 45 firmatari
Mozione di appoggio alla Corea del Nord: 29 firmatari
Mozione contro la politica USA in Colombia: 44 firmatari
Mozione per la libertà dei 5 cubani: 49 firmatari
Mozione di critica alla politica filo-USA della Georgia: 34 firmatari
Mozione contro l'indipendenza del Kosovo: 19 firmatari
Mozione in favore di una politica di dialogo tra USA e Iran: 60 firmatari

Una ventina di partecipanti hanno sottoscritto solo quest'ultima mozione o non ne hanno sottoscritto alcuna. Diverso il comportamento delle due delegazioni italiane: il PRC ha firmato solo la mozione per i 5 cubani e per il superamento della politica di scontro tra USA e Iran, che contiene anche una condanna delle politiche repressive del regime islamico; il PdCI ha firmato tutte le mozioni tranne quella sulla Georgia, che contiene anche un elogio del "compagno Stalin".

Interessanti anche i comportamenti dei cinque partiti al potere: i laotiani hanno firmato tutte le mozioni tranne quelle in favore della Corea e contro l'indipendenza del Kosovo, i cubani hanno firmato solo le due mozioni che li riguardano direttamente (blocco, 5 cubani); i coreani hanno sottoscritto solo la mozione che difende la Corea; i cinesi e i vietnamiti non hanno firmato nessuna mozione.